sabato 30 aprile 2011

l'ultimo lettore di Ricardo Piglia

  Susanna Vancini -


L'ultimo lettore
Riccardo Piglia
Feltrinelli, 2007












Non avrei scritto un commento ad un testo di critica letteraria, se l'argomento non fosse stato così affascinante - la lettura - e se la narrazione non fosse stata così coinvolgente da trasformare una monografia in una sorta di intima e personale avventura nel mondo dei libri.

Ricardo Piglia è un lettore privilegiato perché è uno scrittore e, in quanto tale, capace di raccontare - in questo caso la sua passione per la lettura.
E' anche docente di Letteratura Sudamericana e quindi particolarmente competente in materia letteraria.
E' con questo background che egli rappresenta in questo saggio alcune possibili figure di lettore, per come gli sono apparse dalla poetica di alcuni scrittori eccellenti.

Dopo il tipo di lettore più citato nel testo - Don Chisciotte -, che vive riproducendo nella realtà il modello di ispirazione trovato libri, seguono vari altri interessanti esempi.

A partire dalla produzione di Borges, dove troviamo un lettore che ha “la capacità di leggere tutto come finzione e di credere nel suo potere”.1 Si tratta qui di un lettore alla ricerca di qualcosa che manca, ma che procede in maniera arbitraria ed è dunque destinato a smarrirsi e a trovare, alla fine, una realtà diversa da quella iniziale. E' un'idea molto suggestiva che probabilmente piace a Piglia, se nel prologo afferma “Allora compresi quello che già sapevo: ciò che possiamo immaginare esiste sempre, in un'altra scala, in un altro tempo, nitido e lontano, come in un sogno.”2

Si prosegue col lettore di Kafka che “cambia vita a partire da ciò che legge”.
Piglia fa notare che la famosa Lettera al padre non è tanto uno sfogo, quanto il tentativo di far prendere coscienza all'ostile genitore di una situazione finora ignorata benché vissuta e che, una volta letta, potrebbe finalmente essere compresa ed eventualmente modificata. Se i testi di Kafka “dovevano stabilire, rendere visibile, la logica impossibile del reale”3, ne consegue, per Piglia, che il lettore debba prenderli come punto di riferimento per un possibile cambiamento.

Un'altra figura di lettore individuata da Piglia è quella di chi sa decifrare e interpretare l'invisibile come l'investigatore Dupin di Poe che “usa la sua competenza di lettore”4 per risolvere i casi e l'investigatore Marlow di Chandler che “si rivela un segreto esperto di letteratura”.5

Ernesto Che Guevara lettore è percepito da Piglia in modo romantico (nell'accezione dello Sturm und Drang, di impeto e passione) e anche donchisciottesco nel senso che desume un modello da imitare direttamente dai libri, anche se, per farlo non fa riferimento ai romanzi cavallereschi ma a letture di ispirazione etica, politica, d'azione. Traspare un po' di malinconia nell'interpretazione di Piglia del Che quando lo definisce “l'ultimo lettore”; il Che è un uomo determinato, solo; l'isolamento gli è indispensabile per leggere ed egli antepone la lettura al riposo anche quando è stremato da chilometri di marcia, perché sono proprio quei libri che gli permettono la “decifrazione dei segni”6 e la conseguente possibilità di “costruire il senso”.

La lettrice di Tolstoj cerca nella lettura dei romanzi una compensazione alle mancanze della realtà. E' affetta da “la sindrome di Madame Bovary. Anna Karenina legge una serie di avvenimenti e vuole viverli. In questa lettura estrema si fonda il passaggio al bovarismo: desiderare di essere un altro, desiderare di essere come gli eroi dei romanzi”. 7  E forse tra le righe si avverte un senso di tristezza e commiserazione per un atteggiamento tipico della modernità, ma presente anche oggi come espressione di un malessere molto attuale.

Con Joyce si interrompe infine il leit motiv che ha caratterizzato le figure di lettori prima descritti: l'isolamento. Non è più necessario infatti essere soli, appartati, in uno spazio privato, al contrario “si tratta di fare entrare la vita, la sintassi disordinata della vita, nella lettura. Non ordinare, ma lasciar scorrere il flusso dell'esperienza”.8
L'excursus di Piglia presenta insomma una serie affascinante di interpretazioni sul senso della lettura che invitano, tra l'altro, ad essere continuate con l'aggiunta di altri casi, che ognuno potrebbe citare facendo riferimento alle proprie esperienze.

Non resta, a questo punto, che leggere i romanzi di Piglia (Soldi bruciati - Respirazione artificiale – Bersaglio notturno) per capire quale potrebbe essere il tipo di lettore di questo singolare scrittore argentino.
Azzardiamo qualche caratteristica, pur non avendoli ancora letti, sulla base di questo saggio: anticonformista, curioso, attento, puro, appassionato? Da verificare.


1 Ricardo Piglia, L'ultimo lettore, Feltrinelli, 2007, pag. 25
2 ibidem, pag. 16
3 ibidem, pag. 51
4 ibidem, pag. 74
5 ibidem, pag. 88
6 ibidem, pag. 122
7 ibidem, pag. 127
8 ibidem, pag. 160

© Susanna Vancini
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Ernesto sabato

  Stefano gallerani 

Ernesto Sabato-


A più di dieci anni dall’ultima ristampa per gli Editori Riuniti e a quasi quarantacinque dalla prima edizione feltrinelliana, torna nelle librerie italiane il secondo romanzo di Ernesto Sábato, e il suo più noto, Sopra eroi e tombe (prefazione di Ernesto Franco, traduzione di Jaime Riera Rehren, Einaudi, “Letture”, pp. 579, € 26,00).

Allora, nel 1965, il nome dello scrittore argentino di origini arbëreshë (classe 1911) s’aggiungeva a quelli di Cortázar e del porteño Borges infoltendo la schiera di autori sudamericani che poco a poco si lasciavano scoprire dalla nostra editoria. Nella stessa collana “I Narratori” della casa milanese erano già apparsi Corpo di ballo, del brasiliano João Guimarães Rosa, e Aura, del messicano Carlos Fuentes, che doppiava così il conterraneo Juan Rulfo, il cui Pedro Paramo era stato pubblicato tra “Le comete”; tra ’60 e ’63, poi, da Longanesi e Mondadori erano stati tradotti i cubani Alejo Carpentier e Guillermo Cabrera Infante, rispettivamente con il romanzo Il regno di questa terra e i racconti di Così in pace come in guerra.

A seguire, sarebbero arrivati, tra gli altri, Asturias, Roa Bastos, Lezama Lima e Arlt, preludio agli exploit di Garcia Marquez e Vargas Llosa. In mezzo a tanti, il profilo di Sábato si distinse pressoché da subito perché, a detta di Guido Piovene, l’irrealtà (o il “realismo magico”) che accomunava questa eterogenea pattuglia lui non la accettava «come un dato di fatto da cui si parte indifferenti per fare opera d’invenzione». Sábato, scriveva l’autore de Le furie recensendo proprio Sobre héroes y tumbas, quest’irrealtà «la sente come una tragedia pubblica e personale, si propone di storicizzarla, riferendola a cause molto precise nella storia, nella composizione, nei successivi sfaldamenti della società argentina; una malattia civile, che produce negli individui quei modi di pensare e d’essere, ma che avendo motivi storici può trovare rimedio». Una tragedia – e una malattia – che Sábato visse pubblicamente con l’allontanamento dal partito comunista, segnato dalla fuga a Parigi in occasione di un congresso internazionale a Bruxelles al quale un giovane Ernesto partecipò come delegato studentesco, e privatamente nello scrupolo di coscienza che, complice la frequentazione degli ambienti surrealisti e l’amicizia con André Breton e Oscar Domínguez, lo portò ad abbandonare la matematica e una brillante carriera di fisico al fianco di Irene Joliot-Curie per dedicarsi completamente alla scrittura ed al disegno.