domenica 5 agosto 2012

UNO SCRITTORE PER IL VENTUNESIMO SECOLO

 News Archivio Bolaño 





l'ultimo romanzo di
Nicola lagioia
 5 agosto 2012    -    Nicola Lagioia 

 •  "Uno scrittore per il ventunesimo secolo”   [prima parte]

Pubblichiamo la prima parte del saggio di Nicola Lagioia che chiudeL'ultima conversazione  , libro che raccoglie interviste inedite di roberto Bolaño tradotte da Ilide Carmignani
Ci piace Lagioia [di cui si può leggere sull'archivio anche il saggio Un autore a molte dimensioni ] capace, con il suo sguardo acuto e curioso, di oltrepassare gli angusti confini del nostro paese e, ancor di più, dell'intero, vecchio continente. Ci piace perchè é un lettore, un grande lettore. In questo saggio viene tentata una costruzione dell'albero genealogico di uno scrittore cosmopolita, uno scrittore capace di nutrirsi di generi, tradizioni e culture letterarie diverse e perfino inconciliabili, che hanno fatto la storia del XX secolo. Bolaño ha avuto il merito di decretarne la morte e dalle loro ceneri cercato di aprire nuovi spazi di scrittura, nuove strade per il XXI secolo.
con l'occasione abbiamo pubblicato brani del romanzo Sotto il vulcano di Malcom Lowry e alcuni saggi critici 
Uno scrittore per il ventunesimo secolo - prima parte
Nicola lagioia
 Quando Roberto Bolano scrive I detective selvaggi, quello che fa è dire a Fuentes, a Garcia Mrquez, a Vargas Llosa: "Voi credevate di avere scritto i grandi romanzi latinoarnericani? Ebbene, vi siete sbagliati, questo è il grande romanzo latinoamericano". E mi pare che qui ci sia come il momento "teppistico" di Bolano.
[Alan Pauls, Bolano insostenibile , Filba 2008, Buenos Aires]
A parlare è lo scrittore argentino Alan Pauls durante una tavola rotonda dedicata a Bolaño, tenutasi il 18 novembre del 2008 in occasione del Festival Internazionale di Letteratura di Buenos Aires. Questa, che potrebbe dare l'impressione di una dichiarazione d'intenti per interposta persona, nasconde un paradosso della tradizione letteraria che giusto un autore come Bolaño è capace di sciogliere in un tutto coerente. Di solito l'approccio iconoclasta verso scrittori più anziani e più affermati e verso il loro mondo (il "teppismo", come lo definisce Pauls) è incompatibile con la scrittura di un capolavoro, a meno che le intemperanze siano solo rievocate - pur nel presente di un tempo verbale letterario - e l'ex teppista operi dall'alto di una presunta maturità.
Per intenderci: in tanto l'iconoclasta Stephen Dedalus è uno dei cuori portanti dell'Ulisse in quanto il Joyce che lo racconta (che fu Dedalus giovane età) ha già un piede nell'attempato Leopold BIoom, e l'altro nella suadente Molly. Per stare alla teoria più nota del Bloom critico letterario (Harold), i grandi scrittori sono ex figli ribelli che, scesi in agone contro i padri, hanno vinto l'ansia dell'influenza, affrancandosene - e persino quando, in contrapposizione con i loro maestri, se ne affrancano mantenendo una posizione strategicamente filiale (Beckett con Joyce), questo è possibile perché lo fanno comunque dall'alto delle ceneri raffreddate di un conflitto (da Molloy in poi, gli universi assurdi e desertici di Beckett sono antitetici rispetto alle affollare cosmogonie joyciane più per oggettività che per ansia di contrapposizione, avendo trovato non nella polemica ma in se stesse il proprio mito forndativo).
Al contrario, l'Arturo Belano che insieme a Ulises Lima vagabonda da un capo all'altro de I Detective selvaggi passando per mille lavori, cambiando e perdendo amicizie, scrivendo poesie, attaccando forsennatamente Octavio Paz e i suoi sodali, amando donne, dormendo all'addiaccío, in definitiva facendo della propria marginalità l'occasione e il pretesto di una polemica infinita, non solo rappresenta la giovinezza del Bolaño figlio di un camionista che in gioventù si trasferisce dal Cile in Messico, torna in Cile appena in tempo per assistere al golpe di Pínochet, viene incarcerato (come recita l'aglografia) a Concepcion, torna di nuovo in Messico, fonda con Mario Santiago Papasquiaro (di cui Lima è l'alter ego) l'Infrarealisino, uno dei più oscuri sgangherati pazzi e sfortunati movimenti nella vita letteraria latinoamericana degli anni Settanta... non solo in definitiva Arturo Belano è l'immagine caleidoscopica di una perduta età, ma (in modo pieno, irredento) è anche l'autore stesso alle prese con la macchina per scrivere proprio nell'attimo lunghissimo in cui scrive - a distanze ormai abissali dai fatti narrati - il primo dei suoi due grandi Romanzi.
Da qui il caso abbastanza raro di uno scrittore diventato classico facendo leva su un "teppismo" che altrimenti (quasi sempre) sarebbe quello degli epigoni frustrati. Da qui, soprattutto, l'impossibile sentimento di lontananza-vicinanza che pervade ogni pagina de I Detective selvaggi - se Arturo Belano riesce a essere ciò che Bolaño fu in un'altra epoca e non potrà più essere e, allo stesso tempo, incredibilmente, ciò che ancora dimostra di poter essere tra un rigo e l'altro, poche definizioni sono calzanti come quella di chi sostiene che alcuni libri di Bolaño sembrano scritti dopo la morte. Per quanto straniante, non saprei trovare un'immagine più efficace. Anche perché, convinto come sono che molti aspetti della letteratura di Bolaño abbisognino ancora di qualche tempo per venire pienamente compresi, alcuni strumenti di misurazione necessari a definirli magari non sono ancora stati brevettati.


   
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