lunedì 30 agosto 2010

Miloš Crnjanski - lamento per belgrado ii

Miloš Crnjanski - poesie


Miloš Crnjanski, Lamento per Belgrado
(Lament nad Beogradom, 1962)




VITA umana, e un levriere,
foglia avvizzita, gabbiano, cerbiatta, e la Luna in mare aperto
m’appaiono, alla fine, come un sogno, come la morte
uno dopo l'altro attori della nostra commedia.
Solo, tutte queste cose, ed io, non fummo mai più che questo
schiuma, istanti, un sussurro in Cina,
che sussurra, come il mio cuore, sEmpre più freddo, sempre più piano:
perchè non resti né Ming, né yang né yin,
nè Tao, né ciliegie, né mandarino.
Nessuno e niente

© Miloš Crnjanski - trad Massimo Rizzante



Miloš Crnjanski, Lamento per Belgrado
(Lament nad Beogradom, 1962)

Cura, prefazione e traduzione di Massimo Rizzante
con uno scritto di Božidar Stanišić
Rovigo, Il Ponte del Sale, “Il Labirinto del Mondo”, 2010





venerdì 27 agosto 2010

ELAINE FEINSTEIN

  Franco Buffoni -

ELAINE FEINSTEIN

di franco buffoni

A Season in Vienna

The tram grinds on
wet rails around the
corners of brown
buildings.

Scatheless
visitors in a
cold rain we
float your

streets of plaster
frontage pitted
down to the
brick, in

a dark afternoon
the windows burning
bemused in
electric light.


Later we had a guide
to the grandeurs
of Franz Joseph,
the Ring

the Opera, the
Kunsthistorische
and: “On this balcony
Hitler announced

the Anschluss. Flowers
were all in bloom then
I remember:
Vienna had good springs once”.
(dalla raccolta In a Green Eye, 1966
poi in Selected Poems, Carcanet 1994)

Il tram macina
Rotaie bagnate
Rasentando in curva
Oscuri edifici.

Turisti illesi
Nella pioggia fredda,
Noi fluttuiamo
Sulle tue strade

Dalle facciate stuccate
Dei palazzi
Fino al rosso
Dei mattoni

In un buio pomeriggio,
Le finestre ardenti
Di luce elettrica,
Stupefatte.

Più tardi una guida
Ci ha mostrato le grandezze
Di Francesco Giuseppe,
Il Ring

L’Opera
La pinacoteca
E “Da questo balcone
Hitler annunciò

L’Anschluss. C’erano fiori
Dappertutto allora
Mi ricordo,
Vienna aveva belle primavere
Un tempo”.
(trad. Franco Buffoni)

Elaine Feinstein è nata nel 1930 a Bootle nel Lancashire ed è cresciuta a Leicester. Dopo gli studi universitari a Cambridge iniziò a scrivere poesia e narrativa. Un punto essenziale di svolta nella sua maturazione artistica fu la traduzione di Marina Cvetaeva (Oxford e New York, 1971), attraverso la quale sviluppò una sintassi più fuida e aperta che influenzò anche le successive prove narrative, come The Circle, 1970.
Elaine Feinstein ha pubblicato oltre trenta libri, fra cui numerosi romanzi, opere per la televisione e la radio, biografie e saggi – notevole quello su D. H. Lawrence – e le raccolte di poesia In a Green Eye (1966), The Magic Apple Tree (1971), The Celebrants (1973), Some unease and Angels (1977), Badlands (1986), City Music (1990), Daylight (1997), Gold (2000) e Talking to the Dead (2007).
Per molti anni ha insegnato letteratura inglese al Newnham College di Cambridge. Nel 1980 è stata ammessa alla Royal Society of Literature. Nel 1990 l’Università di Leicester le ha conferito la laurea honoris causa. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali il Cholmondeley Award e ben tre Arts Council Translation Award. Una scelta cospicua dei suoi versi è contenuta in Selected Poems (1994) e Collected Poems and Translations (2002), apparsi presso Carcanet, che raccolgono testi tratti da tredici diverse raccolte.
George Steiner, uno dei suoi maggiori estimatori, ha scritto che dai versi di Elaine Feinstein traspare una rara “intelligence of pain”, che potremmo liberamente tradurre con “cognizione del dolore”. Capacità che le viene dal fatto di avere sempre scritto versi basati sulla necessità e sull’esperienza. Steiner dice che i suoi versi sono il risultato di un connubio tra “instinct” e “caring”.
Narratrice, riesce a infondere nella sua poesia, la sottile tagliente lucidità della trama esposta, dell’accadimento reso esplicito. Poeta, riesce a intridere la propria scrittura narrativa di quel pathos cristallizzato, allusivo invero tipico della scrittura in versi novecentesca.
Aliena da mondanità e appartenenze a scuole o gruppi di tendenza è stata avversata ai suoi esordi dai critici favorevoli al Movement, mentre è sempre stata molto apprezzata da nell’ambito del Group. Ted Hughes – per esempio – ha esaltato in lei il modo tenace e penetrante di esplorare fino al midollo l’oggetto della propria narrazione in versi, aggiungendo: “Her simple, clean language follows the track of the nerves”.
Il suo dettato poetico appare in defnitiva sorretto da una straordinaria limpidezza e da una impellente necessità di chiarezza. Nulla viene nascosto o taciuto, ma anche nulla viene esibito con compiacimento. Dai suoi versi viene incontro al lettore la poesia, non la letteratura. Buon compleanno, Elaine!


Nazione Indiana  24 agosto 2010

la discussione che è seguita a questo articolo  è  molto interessante e istruttiva 

©  

 


non bisogna parlare poéticamente della poesía

  Fabian Soberon  


sulla poesia    



  non bisogna parlare poéticamente della poesía  



Perchè un gran romanzo, un romanzo epico, un romanzo che è la successione infinita di storie che si incrociano e si disfano, è un romanzo sui poeti?
Perchè questo romanzo non narra il destino di alcuni narratori? Perchè i detective per essere selvaggi devono essere poeti?
Quando mi facevo queste domande pensai a Gombrowicz
“non bisogna parlare poéticamente della poesía”. 

Anche se, chiaro, il gran problema del romanzo non è la poesia ma la sconfitta



 [ © Fabian Soberon    Pierre Menard, autore di Bolaño  ]

  

sulla poesia    




 

mercoledì 25 agosto 2010

la teoria dei compensi

  Franco Buffoni  



sulla poesia    



la teoria dei compensi 



la teoria dei compensi ha a che vedere con la traduzione poetica. Molto in sintesi consiste nel “far quadrare” da parte del traduttore non il singolo verso, ma l’insieme del testo tradotto. Per esempio, puoi perdere una rima al verso 4, ma la recuperi al v 14 in un’altra situazione traduttiva assente nell’originale; “sacrifichi” un aggettivo al v 7 ma compensi la perdita usando un verbo più espressivo (che in qualche modo includa l’aggettivo sacrificato) al v19. Perché secondo questa teoria ciò che conta è l’equilibrio complessivo della traduzione.


 [ © Franco Buffoni , breve commento su Nazione Indiana in calce a un articolo dello stesso autore    ELAINE FEINSTEI  ]

  

sulla poesia    



Il sito di Franco Buffoni   - - - -


Franco Buffoni ha pubblicato Suora carmelitana (Guanda 1997), Il profilo del Rosa (Mondadori 2000), Guerra (Mondadori 2005), Noi e loro (Donzelli 2008), Roma (Guanda 2009). Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005). È autore dei romanzi Più luce, padre (Sossella, 2006), Reperto 74 (Zona 2008) e Zamel (Marcos y Marcos 2009). [www.francobuffoni.it ]
 

desiderio di scoprire una terra incognita

  Massimo Rizzante  



sulla poesia    



desiderio di scoprire una terra incognita


Ha tradotto altri poeti?

Non sono un traduttore professionista. per vivere insegno. Non accetto gli ordini e i  diktat delle case editrici. Nè del resto mi sento un inviato speciale della cultura con il compito di render note ai lettori italiani le ricchezze dimenticate della poesia straniera...in Italia si legge poco. Si è molto cattolici. E io non sono un missionario! ho tradotto e pubblicato due libri di Milan Kundera, il sipario e Un incontro. traduzioni nate dal nostro incontro e il sipario non è ancora chiuso...grazie a questo incontro e al mio desiderio di scoprire una terra incognita ho tradotto e pubblicato le poesie di Oscar Milosz [ Sinfonia di Novembre ].

In quanto poeta amo introdurre nelle mie raccolte traduzioni da altri poeti (Seferis, per esempio, o Crnjanski). quando preparo una raccolta di poesie la concepisco come uno zibaldone, un quaderno in cui puoi trovare versi, prosa, pagine di diario, dialoghi, tutti i registri formali. quindi anche traduzioni.
 [ © Massimo Rizzante , tratto dalla    intervista dei "Cahiers des amis de O. V. de Lubicz Milosz" di Parigi ]

[© traduzione dal francese: Alice x]
  

sulla poesia    


una recensione di Rigoni Mario Andrea su Sinfonia di novembre di Oscar Milosz


precipitando nel presente i / iv

  Alessandro Corio

precipitando nel presente
pag 1   pag 2

Liminalità, marginalità e controcultura nelle forme contemporanee dell’identità diasporica

- pag 1 -
“Per rinascere” cantò Gibreel Farishta, precipitando dai cieli, “devi prima morire. Ho-ji! Ho-ji! Per scendere sulla terra rotonda, bisogna prima volare. Tat-taa! Taka-thun! Come puoi ancora sorridere, se prima non avrai pianto? Come conquisti il cuore del tuo amore, signore, senza un sospiro? Baba, se tu vuoi rinascere …” Poco prima dell’alba di una mattina d’inverno, il giorno di Capodanno o pressappoco, due uomini, reali, adulti e vivi, cadevano da una grande altezza, seimila metri, verso la Manica, senza l’ausilio di paracadute o di ali, da un cielo limpido.
[Salman Rushdie, I versi satanici]

martedì 24 agosto 2010

Lettere d'amore e altre rovine iii - massimo rizzante

Massimo Rizzante - poesie

Lettere d'amore e altre rovine (1989-1998)
Biblioteca Cominiana


in luglio non pensavo di poter perdonare
alle nuvole l'insignificanza delle loro forme
Orazio a Tivoli non fu meno colpevole
la sabbia della costa adriatica invece è fina
come una disputa scolastica sulla natura umana
per questo mi aggrappo ai tuoi capezzoli di baccante
in vacanza dai nomi neutri città genti misure continenti
esiste solo il rosa dei rododendri il malva del caffè appena scotto
il bluette delle elitre del coleottero il nome proprio
il tu che non riconosco dal luogo ma dall'inchiostro ultravioletto

© Massimo Rizzante
Lettere d'amore e altre rovine (1989-1998)
Biblioteca Cominiana, 1999
 prefazione di Sylvie Richterova

 

Il filo del racconto. Da Mark Twain a Roberto Bolaño

  Walter Nardon



Il filo del racconto. Da Mark Twain a Roberto Bolaño


I.

       In un saggio del 1899 intitolato Come raccontare una storia, Mark Twain osserva che, a differenza della storia comica o di quella arguta (che possono essere raccontate da chiunque) la storia umoristica è “essenzialmente un’opera d’arte”, come tale fondata su una serie di sottili e imprescindibili espedienti formali la cui conoscenza e padronanza definiscono, oltre alla qualità dell’opera, anche la statura dell’autore. Mentre il narratore di una storia comica, infatti, assicura subito il pubblico che quella che sta per ascoltare è una delle cose più divertenti che lui abbia mai sentito, il narratore umoristico deve ignorare o “fingere di non sospettare” le implicazioni di ciò che sta raccontando, lasciandole all’attenzione e all’intelligenza del lettore. Per questo – continua Twain – mentre bastano due minuti per raccontare la versione comica di una storia, quella umoristica ne richiede molti di più, perché in quest’ultima ciò che conta è appunto la parte che la versione comica esclude: digressioni, impacci, errori, correzioni, interruzioni della vicenda, dettagli apparentemente fuori luogo; semplicità, innocenza, sincerità, ingenuità del narratore, o dei narratori. La storia umoristica fa risaltare ciò che la semplice esposizione della fabula, per quanto comica, lascia in ombra. Per entrare ancor più in dettaglio nell’arte “sublime ed elegante” di questo tipo di racconto, Twain elenca quattro accorgimenti tecnici, da lui visti in uso presso i grandi narratori orali, e poi impiegati nel proprio mestiere:

Seminario Internazionale sul Romanzo

Massimo Rizzante



Seminario Internazionale sul Romanzo




(…) Una domanda sembra essere al centro di questo momento estetico: perché l’arte per essere tale ha sempre più bisogno di «realtà»? Perché il «documento» concorre in misura così invasiva alla creazione? Un tempo non molto lontano il romanzo inglobava il saggio. Oggi, sembra avvenire il contrario. Mi chiedo: ciò dipende dal fatto che la nostra percezione fantastica del mondo si sta sempre più indebolendo, o meglio, è sempre più oppressa e sterilizzata dalla percezione documentaria dei fatti, delle informazioni, tanto che non riusciamo più a concepire un romanzo come una finzione?

lunedì 23 agosto 2010

L’ironia cosmica di Calvino e il riso romanzesco di Kundera - pag 1

  Massimo Rizzante

2002

 L’ironia cosmica di Calvino e il riso romanzesco di Kundera
storia di un duplice apprendistato 
( i / ii)


| pag 1 | • |  pag 2  |

    



Un ricordo musicale


Quando sbarcai a Parigi, qualche anno fa, la mia vocazione letteraria vacillava come una navicella in un mare in tempesta. Ondate di teoria avevano invaso la mia stiva e l’orizzonte era diventato un punto invisibile, che naturalmente mi sfuggiva, ccupato come ero a mantenermi a galla.
   
Se non sono andato a fondo lo devo all’arte della prosa di Italo Calvino e all’arte del romanzo di Milan Kundera. Nella prima edizione de L’arte del romanzo (1986, trad. it. 1988) Kundera pone Calvino tra i romanzieri e non tra gli scrittori in prosa (nell’ultima edizione francese del 1998 il nome di Calvino è scomparso dalla lista dei romanzieri). Mentre il romanziere, dice Kundera «non dà grande importanza alle proprie idee. È uno scopritore che, a tentoni, si sforza di svelare un aspetto sconosciuto dell’esistenza», lo scrittore «ha delle idee originali e una voce inimitabile. Può servirsi di qualsiasi forma (compreso il romanzo) e tutto ciò che scrive, essendo contrassegnato dal suo pensiero, esposto dalla sua voce, fa parte della sua opera».

L’ironia cosmica di Calvino e il riso romanzesco di Kundera - pag 2

  Massimo Rizzante

2002

 L’ironia cosmica di Calvino e il riso romanzesco di Kundera
storia di un duplice apprendistato 
( ii / ii)


| pag. 1 | • |  pag. 2   |

    


L’avventura dei saperi

Mi ricordo che quando leggevo le opere di Calvino con il furore tipico dei neofiti, mi capitava a volte di essere d’accordo con quei critici che notavano una sorta di rottura tra ciò che l’autore aveva scritto alla fine degli anni ’50, più o meno all’altezza del Cavaliere inesistente (1959) e quello che veniva dopo, a partire da La giornata di uno scrutatore (1963) e Cosmicomiche (1965).

e quel canto è il nostro amuleto


E anche se quel canto che avevo ascoltato parlava di guerra, delle imprese eroiche di un'intera generazione di giovani latino-americani immolati, io sapevo che sopra ogni altra cosa, parlava del coraggio e degli specchi, del desiderio e del piacere.
E quel canto è il nostro Amuleto.
[ Amuleto p.142, ed Mondadori ]

Amuleto

Nei giorni scorsi e' stata pubblicata da Adelphi la nuova edizione di Amuleto, tradotto da ilide Carmignani (che ha anche tradotto, sempre per Adelphi,  2666). la prima edizione era stata tradotta da Pierpaolo Marchetti nel 2001 per la Mondadori.

Amuleto è l'estensione di un capitolo de I detective selvaggi e narra la storia di Auxilio Lacouture, rinchiusa nel bagno delle donne del quarto piano della facoltà di filosofia della Unam durante l'irruzione dell'esercito messicano che il 2 ottobre del '68 invade piazza Tlatelolco e reprime nel sangue la protesta studentesca compiendo una vera e propria strage (oltre 300 morti). La storia narrata si basa su un episodio realmente accaduto e la protagonista e' un personaggio ispirato alla figura di Alcira Soust Scaffo, una maestra scrittrice e inmigrante illegale uruguaiana, che si trasferì in Messico e conobbe Bolaño nel 1970.

Così la descrive Jorge Ruffinelli, professore universitario uruguaiano, attualmente residente negli Stati Uniti, che conobbe Alcira in Messico, negli anni '70.
La sua storia era famosa, io stesso conobbi e vidi varie volte Alcira quando veniva a visitare i miei amici nella facoltà di Filosofia e Lettere. Alcira era simpatica e amabile, e quando seppe che io ero uruguaiano come lei, non si staccava da me e mi regalava le sue poesie  scritte con il mimeografo che portava sempre con se: La sua storia la conobbi più tardi. Alcira era arrivata in Messico senza soldi, senza contatti, e irruppe come una paracadutista nell'Università del Messico (UNAM). Il direttore di Filosofia e Lettere, Dr. Guerra, ebbe pena di lei, e cominciò a darle piccoli e umili lavori, pagandola di tasca propria con modeste remunerazioni.
Alcira era una donna intellettualmente preparata anche se un po' ingenua, un cronopio cortazariano. Per questo, quando il dipartimento di francese scoprì che conosceva la lingua, le diede delle traduzioni da fare. Tradusse Mallarmè e Rimbaud credo. Il fatto che fosse rimasta nascosta nei bagni della facoltà, nel '68, la rendeva eroica.
Ma il tratto più accentuato di Alcira era la mancanza dei denti davanti, ragione per cui ogni volta che si dirigeva verso una persona, utilizzava un libro (o le sue stesse poesie) per nascondere il difetto. Si racconta che ci fu una colletta tra gl istudenti e i professori per pagarle le cure dentali. Alcira non le fece mai. Il dettaglio della mancanza di denti si menziona solo in amuleto.
[ Jorge Ruffinelli ]
Jorge Ruffinelli, il 24 di maggio, scrive a Bolaño e tra le altre cose, lo informa che Alcira era ritornata a Montevideo ed era morta, e gli domanda se avesse conosciuto personalmente ad Alcira. Bolano risponde il primo di giugno 2003. Ecco il testo della lettera scritta da Bolaño:
lettera di Bolaño a Ruffinelli dell'1/6/2003
Caro Ruffinelli
No, in Messico non ci siamo conosciuti, però sono riuscito a leggere alcune cose tue quando ancora vivevo lì. Ricordo Donoso Pareja, a Espinasa, invece, però dai non so nemmeno chi sia.
Alcira certo che l'ho conosciuta, di fatto lei trascorse un po' di tempo vivendo a casa di mia madre, così come lo racconto in Amuleto, in realtà, quasi tutto cio' che appare in questo romanzo si attiene alla realtà. Alcira dovetti conoscerla nel 1970 e l'ultima volta che la vidi fu, probabilmente, nel 1976. Non sapevo della sua morte. Di fatto, un giovane scrittore cileno chiamato Matías Ellicker e' stato in Uruguay, un paio d'anni o un anno e mezzo fà, con l'intenzione di rintracciarla, conobbe sua sorella, che gl idisse che alcira era internata in un manicomio. Ti ringrazio per la tua lettera, tanto generosa come esagerata. La mia salute, in effetti, non è buona (anche se le mie riserve strategiche sono degne di un generale russo), e lettere come la tua contribuiscono a sollevare l'animo almeno per cinque minuti, cosa che, a ben vedere, non è niente male
Ricevi un forte abbraccio.
Bolaño.
In questo romanzo viene confermato il carattere intertestuale dell'opera di Bolaño. Oltre all'evidente relazione del romanzo con il quarto capitolo della seconda parte de I detective Selvaggi (che ricorda lo stretto legame di Stella distante con l'ultimo capitolo de La letteratura nazista in America, anche se in questo caso più che di un estensione si tratta di un rifacimento completo), di fatto Amuleto prefigura non solo il titolo dell'ultimo romanzo di Bolaño
"E li seguii: li vidi camminare con passo leggero per Bucareli fino a Reforma e poi li vidi attraversare Reforma senza aspettare il semaforo verde, entrambi coi capelli lunghi e scompigliati perchè a quell'ora su Reforma tira tutto il vento notturno che è avanzato alla sera, l' avenida Reforma si trasforma in un tubo trasparente, in un polmone di forma cuneiforme nel quale passano le esalazioni immaginarie della città, e poi iniziammo a camminare per l' avenida Guerrero, loro un po' più lentamente di prima, io un po' più in fretta di prima, la Guerrero a quell'ora somiglia sopra ogni altra cosa a un cimitero, ma non a un cimitero del 1974, né a un cimitero del 1968, né a un cimitero del 1975, ma a un cimitero del 2666, un cimitero dimenticato sotto una palpebra morta o mai nata, le acquosità prive di passione di un occhio che volendo dimenticare qualcosa ha finito per dimenticare tutto"
[Amuleto p.71, ed Mondadori ]
ma anche il tema del male assoluto, inesplicabile, inellutabile, immotivato, che si sottrae ad ogni logica, che non ha cause nè ha un fine. Un territorio che ha " perduto da tempo immemorabile la sua condizione primigenia di innocenza"
[..] li si trovava, [..] attraverso qul fiume turbolento che era ed è l'avenida Guerrero, simile [..] al Grijalva, [..] anche se quel Grijalva notturno che era ed è l'avenida Guerrero aveva perduto da tempo immemorabile la sua condizione primigenia di innocenza. Vale a dire, quel Grijalva che fluiva di notte era, sotto tutti gl iaspetti, un fiume dannato lungo la cui corrente scivolavano via cadaveri o parvenze di cadaveri, automobili nere che apparivano e sparivano, e poi apparivano di nuovo, le stesse o la loro silenziosa eco impazzita, come se il fiume dell'inferno fosse circolare..
[ Amuleto p.72, ed. Mondadori ]
Come ha scritto Alex candia in "2666, La magia y el mal":
Auxilio prevede come questo cimitero sia un fiume che raccoglie cadaveri e auomobili nere, mezzo di trasporto dei cadaveri di Santa Teresa. Amuleto è la profezia che annuncia gli orrori che lacerano e divorano le donne della città messicana
 

Di Alcira Soust Scaffo (foto del 1975 di Alcira in messico)  si parla anche nel libro di  Poniatowska, La noche de Tlatelolco :
«Durante i quindici giorni dell'occupazione della  CU da parte dell'esercito, una ragazza rimase chiusa in un bagno dell'università:Alcira. restò terrorizzata, non potette scappare, o non volle. Appena vide i soldati, la prima cosa che fece fu di chiudersi a chiave. Fu orribile. Uno degli impiegati della pulizia la trovò mezzo morta, buttata nel mosaico del bagno. Quindici giorni dopo! deve essere stato spaventoso vivere in quel modo, ora dopo ora, bevendo solamente acqua dal rubinetto del lavandino. sopravvisse così, tra i lavandini e le toilette - lì dormiva buttata in quel corridoio, nel piano del mosaico - e si affacciava a dare un'occhiata fugace per  vedere i soldati caricati sui carri armati, sbadigliando o sdraiati addormentati nelle jeeps....era talmente terrorizzata che non si mosse mai dal bagno»
Carolina Pérez Cicero, de filosofía y letras de la Unam (Poniatowska, La noche de Tlatelolco, p. 71).