mercoledì 30 giugno 2010

Nel labirinto di Bolaño: ecco "Amuleto"

apcom - 30 giugno 2010



Nel labirinto di Bolaño: ecco  Amuleto 

Roberto Bolaño continua a vivere, almeno per quanto riguarda la pubblicazione delle sue opere. In attesa di due inediti annunciati anche in Italia per i prossimi mesi ecco che Adelphi ripubblica "Amuleto", romanzo falso-giallo del 1999, nella nuova versione della valente ispanista Ilide Carmignani. Una storia oscura, segreta probabilmente è il termine più calzante, raccontata in prima persona da Auxilio Lacouture, la "madre di tutti i giovani poeti messicani", che visse il proprio momento di celebrità allorché restò chiusa - sostanzialmente immobile - in un gabinetto dell'università di Città del Messico mentre i militari facevano irruzione nell'ateneo durante i moti del Sessantotto. Quell'esperienza, che Bolaño racconta con l'usuale visionarietà lucida e folle al tempo stesso, lasciò un segno indelebile sulla giovane donna, che da quel momento porta con sé la propria solitaria resistenza proprio come un amuleto. L'orrore di fondo, quello che lo scrittore cileno è un maestro nel

Messico '68: La strage degli studenti

Mario Perniola - 4 ottobre 2008

- - - -
Messico '68: La strage degli studenti

Dopo il Maggio francese, che vide scendere in sciopero spontaneamente dieci milioni di persone, e l'invasione sovietica della Cecoslovacchia in agosto, il terzo evento che nel 1968 turbò l'opinione pubblica mondiale fu l'eccidio di più di trecento studenti sulla Piazza delle Tre Culture a Città del Messico, avvenuto nel pomeriggio del 2 ottobre di quell'anno. Questa strage, in cui perirono anche bambini e passanti, fu un vero e proprio agguato contro una manifestazione pacifica, accuratamente preparato e compiuto dalle forze congiunte della polizia e dell'esercito, pochi giorni prima dell'inaugurazione dei Giochi Olimpici.

martedì 29 giugno 2010

Un «Amuleto» che brilla di rabbia e insolite profezie

Massimiliano Parente -  il giornale - 29 giugno 2010



Un «Amuleto» che brilla di rabbia e insolite profezie

 Non è una storia del terrore né poliziesca né un noir, sebbene una ragazza uruguaiana, Auxilio Lacouture, voglia farcelo credere nelle prime righe del romanzo di Roberto Bolaño intitolato Amuleto (pagg. 142, euro 15) e appena pubblicato per Adelphi. Anzi, come da tradizione Adelphi, in realtà ripubblicato facendo finta di niente, perché il libro era già uscito per Mondadori nel 2001 e nessuno se n’era accorto (dopo Adelphi il diluvio e prima di Adelphi non c’è mai nulla, snobismo di un editore raffinato ma spesso anche filogicamente paraculo, come se ogni libro cominciasse a esistere solo appena adelphizzato).

lunedì 28 giugno 2010

intervista a elmer mendoza - Una media di 23 morti al giorno e un grammo di cocaina continua a costare lo stesso negli USA

  Sonia Garcia   -  el periodico - 12 febbraio 2010


'L'arte sul narcotraffico crea coscienza e anche angoscia'

Elmer Mendoza è nato a  Culiacán, nello Stato  messicano di Sinaloa, dove sono nati  iprincipali capi del narcotraffico degli ultim ianni. professore e scrittore, ha vinto il terzo premio  Tusquets, con Proiettili d'argento. Conversazione prima della conferenza sulla cultura del narcotraffico alla Casa America di barcellona     

Che dirà della narcocultura ?   
parlerò di una estetica della realtà, senza utopie. L'arte crea coscienza, però l'arte sul narcotraffico crea angoscia, perchè riflette sulla realtà "reale"

domenica 27 giugno 2010

Intervista a Elmer Mendoza

    David Vilar -  Tribuna latina -11 febbraio 2010




Los narcocorridos han sustituido a los mariachis como representación musical mexicana”

Barcelona, 11 di febbraio de 2010. Casa Amèrica Catalunya organizza il ciclo 'Narcocultura' con quattro sessioni che cominceranno l'11 di febbraio con una conferenza dello scrittore messicano Élmer Mendoza (Culiacán, 1949), i cui romanzi sono un punto di riferimento della letteratura spagnola, di fatto, sul mondo dei narcotrafficanti. 'Un asesino solitario', 'El amante de Janis Joplin' o 'Proiettili d'argento', che ha vinto il premio  Tusquets de Novela 2007 registrano e  illustrano l'immaginario creato dalla narcocultura. Mendoza,  il cui ultimo romanzo pubblicato è  che, una volta depurato 'Firmando en un kleenex' (2009), è cattedratico nella Universidad Autónoma de Sinaloa, nel Nord del Messico. 

In cosa consiste la narcocultura?
Si spiega meglio attarverso esempi che con la logica. In Sudamerica il narcotraffico è uno dei modi più concreti per vivere con i soldi. Non possiamo dire che sive bene, perchè è una vita piena di tensioni, però quantomeno hai i soldi o hai l'opzione di acquisirlo quando ti viene voglia. E ciò ha generato una serie di concetti e naturalmente una serie di manifestazioni che è ciò che chiamiamo la narcocultura. Per esempio, lo stile di vita. Noi messicani usiamo dire che la vita non vale niente, però i narcos hanno una frase sensazionale che dice "'vale di più vivere cinque anni come re che cinquanta come 'guey'", dove 'guey' è il simbolo del lavoro inesplicabile. Anche la temerarietà, il fatto di non temere la morte, ha generato una serie di sicari in paesi come Colombia e Messico ora. Molte volte non ci sono spiegazioni più profonde.

sabato 26 giugno 2010

Il codice dei narcocorridos



File urbani è un'interessante trasmissione di radio tre , una delle migliori radio al mondo di cui non finiremo mai di essere orgogliosi. Il 5 ed il 6 giugno sono state dedicate due puntate a Ciudad Juarez ; ecco la prima ed ai narcocorridos:
Le comunicazioni radio della polizia di Ciudad juarez si interrompono all'improvviso. Dopo alcuni secondi si diffonde la musica di un narcocorrido. El senor de los cielos. La fisarmonica comincia ad annunciare la morte mentre la voce di un uomo invade le frequenze radio della polizia con due parole: La linea!

giovedì 24 giugno 2010

Bolaño forever

javier Cercas - El País Semanal - 5/04/2009




Ricordo molte cose di Bolaño, perché gli ho voluto molto bene e, se non mi inganno, l'affetto fu reciproco. Ricordo il primo giorno che lo vidi, senza sapere che fosse lui, e anche l'ultimo, senza sapere che sarebbe stato l'ultimo. ricordo conversazioni telefoniche che duravano letteralmente ore e ore.
Ricordo che alla fine di una delle tante (telefonate), verso l'alba ormai avanzata, dopo aver riattaccato perchè eravamo sfiniti, con le mani indolenzite a forza di impugnare la cornetta, mi chiamo di nuovo per dirmi spaventato che l'ETA aveva appena ammazzato Ernest Lluch. Ricordo il pomeriggio che mi disse, a casa sua, che era ammalato, e ricordo anche che non amava parlare della cosa con nessuno , salvo forse, e che io sappia, con mia sorella, che aveva una malattia simile alla sua.
Ricordo le grida di allegria al telefono il giorno che mi chiamò per dirmi che I detective selvaggi aveva ottenuto il premio Rómulo Gallegos. Ricordo che una notte mi chiamò, entusiasta, per leggermi al telefono la prima recensione di Soldati di Salamina.
Ricordo tutte le persone che si burlavano della sua opera o lo disprezzavano, o lo ignoravano e che ora scrivono di lui come se fossero stati amici intimi. Ricordo un'infinità di altre cose, però ciò che ricordo soprattutto sono i suoi libri. E' l'unica cosa che conta in definitiva, perche tutto Bolaño è nei suoi libri. Il resto è letteratura e, superfluo dirlo, della peggiore.
[Javier Cercas ]

Bolaño forever

il baule di R. Bolaño

il giornale - 223 giugno 2010


Dal baule (senza fondo) di Bolaño esce di tutto: tra poco «Il Terzo Reich»


Fino a quando è morto, nel 2003 (e forse anche per un po’ dopo) il cileno Roberto Bolaño era quello che si dice un autore di culto, per pochi raffinati, circondato da un’aurea di leggenda. Da qualche tempo, sull’onda di un inarrestabile passaparola e grazie a un opportuno (e un po’ opportunista) repêchage editoriale, è diventato uno scrittore ultra-pop. Richiestissimo, lettissimo, amatissimo, (ri)pubblicatissimo. 
Per la gioia dei sempre più numerosi fan, Adelphi ha da pochi giorni (ri)portato in libreria il romanzo “poliziesco” Amuleto (apparso nel 1999 ed edito da Mondadori nel 2001) mentre solo nello scorso anno ha (ri)pubblicato in edizione economica, e in volume unico, l’opera-monstrum 2666 e una bellissima (inedita) raccolta di saggi, scritti giornalistici, recensioni e discorsi: Tra parentesi. Intanto Sellerio, l’altro editore storico in Italia di Bolaño, sta facendo uscire vecchi e nuovi titoli. È bolaño-mania. E così si svuotano i cassetti e si spremono i i torchi. Soprattutto a casa Adelphi. Dove stanno già lavorando - così si dice - all’uscita nei primi del 2011 del misterioso romanzo Il Terzo Reich, poi un libro “spurio” che raccoglierà molto materiale preparatorio per 2666 (schede, biografie dei personaggi, divagazioni...) e ancora poesie e racconti inediti... Come nel caso di Pessoa, un baule senza fondo.


mercoledì 23 giugno 2010

faville messicane

Francesca Lazzarato -  Il Manifesto - 20 agosto 2009



"Atlante letterario. Faville messicane"


«Fuentes, promotore e sopravvissuto del boom, sparring di Octavio Paz e lobby vivente delle lettere messicane, non è più quello che era… Un propagandista della propria ormai esaurita genialità, con insufficienza cronica di buone idee narrative»:  
Così scrive Alvaro Bisama, trentaquattrenne scrittore cileno dei più promettenti e critico letterario senza peli sulla lingua, letto e seguito in tutta l’America Latina, a proposito di colui che viene considerato la figura più autorevole della letteratura messicana contemporanea, tradotto ovunque e vincitore di tutti i possibili premi (escluso il Nobel, al quale aspira da anni). Un giudizio spietato che, evocando il «Manifiesto del Crack» lanciato nel 1996 da cinque giovani scrittori messicani per far presente l’urgenza di rinnovare la letteratura nazionale, parla esplicitamente della necessaria «uccisione» di un padre ingombrante. Pronto a sfornare quasi un libro l’anno (la sua ultima opera, La voluntad y la fortuna, è uscita nel 2008 presso Alfaguara) e impegnato in incessanti tournées – l’abbiamo visto l’anno scorso al Festival di Mantova – Fuentes è in effetti lo scrittore messicano vivente più noto e interpellato all’estero, tanto che la sua onnipresenza sembra dare ragione a José Agustín, esponente della cosidetta «Onda», la corrente che negli anni ’60 irruppe sulla scena letteraria per sovvertirla brevemente con le nuove istanze giovanili.

domenica 20 giugno 2010

il viaggiatore del secolo

Il viaggiatore del secolo
Andrés Neuman
Ponte alle Grazie 2010

In questi giorni è uscito da Ponte alle Grazie Il viaggiatore del secolo (El viajero del siglo) di Andrés Neuman, pubblicato in lingua originale nel 2009. Dell'autore argentino avevamo ne sentito parlare per la prima volta da Roberto Bolaño che ne fece una recensione (Neuman, toccato dalla grazia ) poi inclusa nella raccolta Tra parentesi. Abbiamo poi letto e tradotto un lucido saggio di Neuman su Bolaño (disponibile su Archivio Bolaño   ).
Finalmente possiamo ora leggere il romanzo nella traduzione di Silvia Sechel.

Saramago. Appunti di lettura

    Massimo Rizzante -  Nazione indiana  aprile 2009


Saramago. Appunti di lettura

di Massimo Rizzante
Le voci
Su Cecità di José Saramago

La storia di Cecità.
Un’epidemia sconosciuta rende ciechi tutti gli abitanti di una città sconosciuta. Un piccolo gruppo di uomini e donne viene posto in quarantena. Poi fugge ed erra attraverso un paesaggio di rovine e di morte. Guidato dalla moglie del medico – il solo personaggio del romanzo che non ha perso la vista –, il piccolo gruppo cercherà di ricostituire una comunità fondata sulla ragione e sull’amore.
Si tratta di una storia edificante? O dell’ennesima allegoria della notte etica nella quale homo videns sta precipitando?

nel nome di saramago

Massimo Rizzante - unitn nr 7 - 20 maggio 2010


Nel nome di Saramago


Dagli esordi a Todos os nomes: José Saramago
racconta la nascita della "scrittura orale"
e dei suoi personaggi senza nome.
Riflessioni inedite del Premio Nobel 1998 per la letteratura.

Pomeriggio di giovedì 8 ottobre [1998, n.d.c.]. Rientrato a casa, dopo il lavoro all’università, squilla il telefono. È il direttore de L’Atelier du Roman, una rivista francese con cui collaboro da alcuni anni. Da Parigi, tutto contento, mi annuncia che José Saramago ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Dopo un respiro profondo gli rispondo: “Finalmente è arrivato”. Mi spiega poi che secondo le ultime indiscrezioni giunte da Stoccolma via Varsavia (i polacchi in questi ultimi tempi, vedi Milosz e Szymborska, poeti premiati con il Nobel rispettivamente nel 1980 e nel 1996, devono essere degli specialisti) Saramago ha dovuto battere addirittura la concorrenza di un suo compatriota, anche lui tra i cinque finalisti, Antonio Lobo Antunes.
Insomma quest’anno il Nobel per la letteratura è stato un affare di famiglia, della grande famiglia di lingua portoghese e lusofona che annovera tra una sponda e l’altra dell’Atlantico, tra Portogallo e Brasile (senza dimenticare le isole Azzorre, Capoverde e le varianti creole africane) circa duecento milioni di parlanti e solo in questo secolo almeno una dozzina di scrittori di valore assoluto in campo internazionale. Per il Portogallo bastino i nomi di Pessoa, Miguel Torga, Vergilio Ferreira, Agustina Bessa-Luís, José Cardoso Pires, José Saramago, Antonio Lobo Antunes, João de Melo; per il Brasile mi vengono in mente, tra quelli tradotti anche in Italia, i nomi di Machado De Assis, Clarice Lispector, João Guimarães Rosa e Jorge Amado.

Inchiostro sangue - le trame di un racconto poliziesco

Livio Santoro - quaderni d'altri tempi nr 26 -   2010



Inchiostro sangue
quante trame ha un racconto poliziesco?

Se è vero che tutta la letteratura russa è fuoriuscita dal cappotto di Nikolaj Gogol’, forse si può dire, senza rischiare di esagerare, che tutta la letteratura argentina (e gran parte di quella latinoamericana) è fuoriuscita dalla biblioteca di Jorge Luis Borges. E per rilanciare sul parallelismo, e aggiungere un altro pizzico di fascino, si potrebbe affermare che quanto si è detto è valido non solo per chi è vissuto dopo Borges, ma anche per chi è vissuto prima. E questo, ovviamente, è un gioco a cui molti dei personaggi dello stesso Borges, come per esempio quel famoso Menard che ha scritto il Chisciotte (Borges, 1956, pp. 36-47), hanno giocato. Si prenda il caso di Paul Groussac, che alcuni decenni prima di Borges fu direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires, che alcuni decenni prima di Borges fece ricorso a Arthur Schopenhauer per raccontare una delle sue storie, che alcuni decenni prima di Borges propose variazioni sul tema del giallo, che alcuni decenni prima di Borges morì cieco… ma che da Borges, evidentemente, assunse il tratto del racconto. In un recente volume pubblicato per l’editore Arcoiris, dal titolo Inchiostro Sangue. Antologia di racconti e saggi del Rio de la Plata, è proprio un racconto di Groussac, datato 1897 ad aprire le danze.

sabato 19 giugno 2010

Maledetta Ciudad Juárez

Ed Vulliamy - the Observer - (tratto da Internazionale )


Con una media di duecento omicidi al mese, la guerra nella città al confine tra Stati Uniti e Messico non si ferma. Ormai non c’entra più solo il narcotraflìco: uccidere è anche una questione di status symbol
31 gennaio 2010 Un gruppo di uomini armati entra in un’abitazi0ne privata a Ciudad Iuárez, nello stato messicano di Chihuahuzn, uccidendo sedici ragazzi che stanno festeggiando un compleanno.
La notte tra il 30 e il 31 gennaio 2010, poco prima che i, sicari facessero fuoco contro sedici adolescenti durante una festa a Ciudad ]uarez, sembra che uno dei killer abbia proposto di risparmiare almeno le ragazze e i bambini. No, gli avrebbe risposto un altro, "denles parejo... ya valicron todos", falla finita e uccidili tutti. La notizia della strage nella città al confine tra gli Stati Uniti e il Messico è finita sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma è solo l'ultima di una serie di notizie terrificanti su Ciudad ]uarez che arrivano ogni giorno dall`unica fonte attendibile: la newsletter che Molly Molloy spedisce dalla New Mexico state university agli abbonati della sua Lista fronterizo. Molloy ha contato 59 omicidi a Juárez solo nella prima settimana di gennaio e un totale di 227 in tutto il mese, perfettamente in media rispetto al primato di 2.657vittime stabilito nel 2009. Molloy ha dato anche un supporto statistico alla fama di juarez come "città più pericolosa del mondo": con 192 omicidi al mese su centomila abitanti` stacca di rnolto la seconda classificata, San Pedro Sula in Honduras, con 119 omicidi. New Orleans e Città del Capo sono indietro, rispettivamente a 69 e 6o. C'è un aspetto grottesco e perverso nella violenza che sta devastando il Messico.

venerdì 18 giugno 2010

A proposito di Bartleby e dei bartlebys

Ornela Vorpsi -  nazione indiana - 28 febbraio 2008


Estratto del saggio

Riflessioni su “La vita degli animali” di J. M. Coetzee e su “Bartleby e compagnia” di E. Vila-Matas


A proposito di Bartleby e dei bartlebys

Tutti possono scrivere, ma ciò non fa di tutti degli scrittori. Ecco, cosa si può immediatamente dedurre dalla lettura di Bartleby e compagnia di Enrique Vila-Matas: l’accesso di qualsiasi persona alla scrittura, per quanto dotata dei fondamentali tecnici (la stessa cosa si può dire dell’analfabeta: tutti possono raccontare una storia, ma ciò non fa di tutti dei narratori), non significa affatto che una relazione essenziale con la scrittura sia all’opera. Come si riconosce questa relazione che impegna intimamente un essere a scrivere? Forse, dal fatto che essa è prima di tutto una non relazione con la scrittura, una «non scrittura» avvitata al cuore, una perforazione della scatola cranica, una piaga non suturabile, una pagina che ridiventa continuamente bianca, alla stregua dell’onda che inghiotte l’onda che è giunta un attimo prima a impregnare la sabbia.

All’inizio nello scrittore c’è una cancellazione che prelude alla memoria, che precede e allo stesso tempo apre e chiude la possibilità di raccontare qualcosa, una cancellazione attiva che egli scrivendo giunge miracolosamente a scongiurare, quasi si trattasse di saltare un muro altissimo, o di dividere le acque di un oceano, quasi gli fosse richiesto l’impossibile!

mercoledì 16 giugno 2010

Le frontiere del romanzo nel XXI secolo

   Miguel Gallego Roca nazione indiana - 2008


Le frontiere del romanzo nel XXI secolo ovvero l’Europa reinventata dall’America

di Miguel Gallego Roca
Nel gennaio 2007 è uscito un numero monografico di «Nuova prosa» (46), rivista letteraria diretta da Luigi Grazioli, consacrato alla nuova narrativa latinoamericana. Pubblico qui un estratto di uno scrittore e critico letterario spagnolo che ne indica alcune problematiche (Massimo Rizzante)


La frontiera fantasma dell’Europa

Hans Castorp, «il bambino viziato dalla vita», l’ingegnere navale, l’uomo concreto promesso alla tecnica, affronta all’inizio del XX secolo un percorso di formazione abbandonandosi con passione alla stretta della «malattia» dell’esilio. La sua iniziazione si svolge su tre fronti sotto l’egida di tre maestri: Settembrini, l’umanista massone, l’homo humans; Naphta, il gesuita terrorista, homo dei; e Peeperkorn, il vitalista, l’uomo che sa ridere ma conosce la tragedia.

Tutto questo avvenne all’alba del XX secolo in Europa. Oggi, all’inizio del XXI secolo, mi pongo la seguente domanda: che nuovo Peeperkorn è quello che ha trionfato? Di quale natura è il suo riso? Fino a che punto conosce la tragedia?

domenica 13 giugno 2010

Roberto Bolaño - Lo scrittore insostenibile

Filba 2008 - Omaggio a Bolaño 


Al festival internazionale di letteratura di Buenos Aires del 2008 gli scrittori Juan Villoro,  Alan Pauls y Horacio Castellanos Moya parteciparono ad una tavola rotonda, moderata da Pedro Rey dal titolo:

 Verso Roberto Bolaño: lo scrittore insostenibile


Pedro Rey:
Passioni e avversioni anche, è il tema di fondo di questa tavola rotonda, "Roberto Bolaño: Lo scrittore insostenibile". E' ciò si deve a qualcosa di molto curioso:  Bolaño,  come si nota nei suoi articoli giornalistici, nei suoi saggi, nelle poche conferenze che fece, era un individuo passionale, pieno di passioni, avversioni e anche contraddizioni. Ciò che colpisce, almeno me, è che ciò si vede anche nella sua letteratura, nelle sue finzioni. ho la sensazione che tutto è un po'  permeato da queste passioni che a volte possono cambiare 
I tre scrittori che abbiamo la fortuna di incontrare oggi, in un modo o nell'altro condividono qualcosa con Bolaño, oltre ad averlo letto. Innanzitutto Bolaño ha scritto su loro tre meravigliosamente bene, e testi molto buoni e veritieri. E allo stesso tempo tutti loro hanno scritto anche su Bolaño testi molto interessanti, e tutti in qualche modo lo hanno conosciuto. Con Juan villoro, - racconta Bolaño, e Juan lo racconta in un altro testo, anche se sono diverse le date indicate, che immagino avrai notato - si conobbero quando erano giovani, e Bolaño dice che lui aveva 17 anni, Juan dice che ne aveva 20. E si sono incontrati venti anni dopo a Barcellona, o eri ancora in messico se non ricordo male? Horacio Castellanos Moya lo conobbe,  passo insieme a lui un giorno o un lungo pomeriggio - dopo lo racconterai - e Alan  Pauls non lo conobbe di persona però scambiò mails e parlò al telefono con lui.
Ciò che vorrei chiedervi, quindi, visto che lo avete conosciuto, letto e avuto a che fare con lui e conoscete questa sorte di passioni e avversioni, e' di tracciare un vostro profilo personale di Roberto Bolaño

2666 - la pubblicazione postuma del romanzo

   Breve introduzione a 2 6 6 6




La pubblicazione postuma del romanzo


2666 vol 1 2666 vol 2
    traduz. di Ilide Carmignani link interno

"2666 è un'opera tanto bestiale che può finire di rovinare la mia salute che già è di per se delicata. Finito di scrivere I detective selvaggi avevo giurato a me stesso di non scrivere mai più un romanzo: arrivai fino al punto di essere tentato di distruggerlo completamente, perchè lo vedevo come un mostro che mi divorava. "
[Intervista con Antonio Lozano. Qué leer, gennaio-2001 ]

Che mi dice della sua idea di scrivere un classico di mille pagine?
"Commetterò molti errori e imperfezioni. Evidentemente un libro voluminoso ha alcuni vantaggi. In un libro lungo uno scrittore deve dimostrare resistenza, una capacità di inventiva costante, deve avere un respiro largo e molta capacitò di affabulazione e, naturalmente, non è lo stesso concepire una casa o un grattacielo. molte volte è piu' abitabile una casa, però per costruire un grattacielo devi essere molto bravo, visto che devi fare dei tracciati più complicati.... "
  [ intervista Melanie Jösch, dicembre 2000 ]

2666 - le cinque parti del romanzo

   Breve introduzione a 2 6 6 6




le cinque parti del romanzo


Le cinque grandi narrazioni (che a loro volta contengono altre narrazioni di personaggi micro e macrocosmi che all'improvviso scompaiono per poi a volte riaffiorare in altre "parti") così vengono descritte dal critico Víctor Barrera Enderle: nota

2666 - Ciudad juarez

   Breve introduzione a 2 6 6 6




Ciudad Juarez

L’abisso si spalanca a pochi chilometri dalla modernissima El Paso, Texas, un’oasi di cemento, quarzo e giardini lussureggianti che sorge, come un miraggio, in mezzo al deserto. Basta attraversare il ponte internazionale Lerdo e si è già in Messico: Ciudad Juàrez, benvenuti all’inferno. Un inferno le cui vittime sacrificali sono in maggioranza giovanissime ragazze o addirittura bambine. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, dal 1993 a oggi vi sono state violentate e uccise 382 donne, mentre quelle scomparse letteralmente nel nulla sarebbero quasi un migliaio. E in almeno 142 casi, questi omicidi sono quasi certamente opera di assassini seriali.
Ciudad Juàrez è una città di poco più di un milione di abitanti, che sorge al confine settentrionale tra Messico e Stati Uniti, nello stato di Chihuahua, alla confluenza tra Rio Grande e Rio Bravo, una zona di confine dove, ogni anno, transitano nei due sensi quasi quaranta milioni di persone, molte delle quali clandestini diretti al Nord, verso il sogno americano. Ma è anche l’epicentro delle maquiladoras, le fabbriche a capitale straniero, soprattutto statunitense, che producono a basso costo per il mercato estero: a Juàrez nel 1996 se ne contavano 372, che davano lavoro a 220 mila persone, in maggioranza donne. La città inoltre è uno snodo focale sulla mappa del narcotraffico, con l’omonimo cartello legato alla famiglia Fuentes che controlla un fiorentissimo mercato della droga.

2666 - santa teresa

   Breve introduzione a 2 6 6 6




Santa Teresa


Santa Teresa è forse l'emblema della "razionalità" fredda del profitto libero da ogni vincolo "democratico", al di fuori e al di sopra dell'etica e della legalità. Allora se le ragioni, o forse le aspirazioni se non le utopie illuministiche del primo mondo sono enumerate, definite e raprresentate come costi, i luoghi del profitto vengono delocalizzati oltre la frontiera, nelle "zone franche" tra il primo mondo e il nulla, laddove finalmente si dispiega in tutta la sua potenza la creazione di "ricchezze" mostruose, concentrate nelle mani di potenti che godono della massima impunità, al prezzo della distruzione dell'ambiente e delle relazioni umane, della memoria, della riduzione del lavoro allo stato di schivitù. Il profitto, nella sua massima astrazione non considera rilevanti i modi e le forme attraverso cui viene prodotto: sfruttamento del lavoro e dei minori, traffico di droga, traffico di clandestini, riciclaggio del denaro sporco e criminale...quei poveri corpi sono stati ridotti a segni privi di significato, carne da macello, "ossa del deserto", esibiti, ostentati e manipolati come un codice per comunicare e minacciare il proprio potere e la propria impunità....
Santa Teresa, quindi, forse non è Ciudad Juarez, un incidente della storia, o una bizzarra anomalia di un bizzarro popolo del terzo mondo, Santa Teresa è forse il destino ineluttabile, inesplicabile, delle "moderne società industriali", così come l'orrore delle dittature latinoamericane prima, e della indicibile miseria ora, è l'altra faccia, lo specchio nascosto in cui il primo mondo evita di specchiarsi e che invece Bolaño osserva e ci costringe a guardare.

2666 - il mistero del titolo

   Breve introduzione a 2 6 6 6




Il mistero del titolo


Lavorando contro il tempo, riuscì a terminare con grande sofferenza il suo ultimo e voluminoso romanzo, il cui titolo segnalava (dubito che fosse casuale) un futuro irraggiungibile: 2666. [Andrés Neuman]

"(...) In più di una intervista, Roberto Bolano ha detto che il titolo "2666" meritava una estenuante spiegazione, una spiegazione probabilmente così lunga, che alla fine non diede mai. Comunque, sembra che il titolo alluda a una data, o a un centro ovviamente impossibile da localizzare, o una essenza o un buco, che in ogni caso sono la stessa cosa. Nella nota editoriale che chiude il volume, Ignacio Echevarría osserva che in un altro romanzo di Bolano "Amuleto", si menziona un cimitero del 2666,"
[Alejandro Zambra - "2666", la indiscutible obra maestra de Roberto Bolaño ]

sabato 12 giugno 2010

intervista a Ilide Carmignani

Francesco Prisco -  il sole 24ore - 20 maggio 2010


L'ispanista Ilide Carmignani: 
«L'opera di Bolaño? Uno spartiacque» 

«Dopo aver tradotto "2666" di Bolaño tutti gli altri libri su cui ho lavorato in questi anni mi sono sembrati invecchiati di colpo. Sin dalle prime pagine mi era chiaro che avevo a che fare con un autore destinato a lasciare una traccia fondamentale nel panorama letterario di questo inizio secolo. La sua opera è uno spartiacque».
Carmignani, come ha fatto Bolaño a scrivere «2666»?
Parliamo di un romanzo frutto di un lunghissimo apprendistato letterario, perché Bolaño leggeva tanto e aveva una capacità di assorbire stili e atmosfere letterarie davvero fuori dal comune. «2666» link interno è un libro latinoamericano ma è anche un libro molto europeo. Ha spesso la fluidità dei più grandi narratori americani, quella che ti porta a leggere mille pagine tutte d'un fiato. Eppure va molto più a fondo degli autori statunitensi link interno in quanto a contenuti.