domenica 13 giugno 2010

2666 - Ciudad juarez

   Breve introduzione a 2 6 6 6




Ciudad Juarez

L’abisso si spalanca a pochi chilometri dalla modernissima El Paso, Texas, un’oasi di cemento, quarzo e giardini lussureggianti che sorge, come un miraggio, in mezzo al deserto. Basta attraversare il ponte internazionale Lerdo e si è già in Messico: Ciudad Juàrez, benvenuti all’inferno. Un inferno le cui vittime sacrificali sono in maggioranza giovanissime ragazze o addirittura bambine. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, dal 1993 a oggi vi sono state violentate e uccise 382 donne, mentre quelle scomparse letteralmente nel nulla sarebbero quasi un migliaio. E in almeno 142 casi, questi omicidi sono quasi certamente opera di assassini seriali.
Ciudad Juàrez è una città di poco più di un milione di abitanti, che sorge al confine settentrionale tra Messico e Stati Uniti, nello stato di Chihuahua, alla confluenza tra Rio Grande e Rio Bravo, una zona di confine dove, ogni anno, transitano nei due sensi quasi quaranta milioni di persone, molte delle quali clandestini diretti al Nord, verso il sogno americano. Ma è anche l’epicentro delle maquiladoras, le fabbriche a capitale straniero, soprattutto statunitense, che producono a basso costo per il mercato estero: a Juàrez nel 1996 se ne contavano 372, che davano lavoro a 220 mila persone, in maggioranza donne. La città inoltre è uno snodo focale sulla mappa del narcotraffico, con l’omonimo cartello legato alla famiglia Fuentes che controlla un fiorentissimo mercato della droga.


“Al pari di tante città messicane – scrive Sergio Gonzàlez Rodrìguez, autore di un saggio fondamentale sulle stragi, edito ora da Adelphi con il titolo Ossa nel deserto – Juàrez si presenta come un enorme cortile sul retro in cui il sovraffollamento, l’accumulo di oggetti obsoleti, il verde sporadico, l’asfalto irregolare e le strade polverose convivono con l’efficienza delle macchine, le telecomunicazioni, i servizi moderni, l’industria d’avanguardia. La protesi di cemento e l’alta tecnologia con i terreni incolti cosparsi di immondizia, di plastica, buche, ruggine e brandelli di stoffa”.
[ Alfredo Passadore - “Il secolo XIX”, agosto 2006]

Bolaño Venne a conoscenza, in discussioni con amici comuni, come Jorge Herralde e Juan Villoro, che stavo elaboranto un libro sul femminicidio juarense, e si mise in contatto con me per posta elettronica. Voleva conoscere dettagli molto specifici della vita delinquenziale a Ciudad Juarez. Era molto ben informato sugli assassinii seriali, consoceva il tema in profondità, però voleva che lo informassi di cose come le armi, i calibri, le auto che usavano i narcotrafficanti, o mi sollecitava che gli trascrivessi atti giudiziali dove venivan odescritti gli omicidi. Inoltre ci scambiavamo punti di vista sugl iassassini o iprobabili assassini e circa le opinioni dei criminologi e criminalisti. Era veramente ossessionato dal tema, un detective selvaggio. E il risultato delle sue conoscenze è toccante Nell'autunno del 2002 potei visitarlo a casa sua A Blanes, gia' aveva letto Ossa nel deserto e in quell'ocacsione mi comunicò che sarei apparso come eprsonaggio nel suo romanzo, con il mi ostesso nome.
    " ho rubato l'idea a Javier Marías, che gia' ti ha inserito come personaggio nel suo romanzo Nera spalla del tempo....”, mi disse. Sorrideva e fumava, molto divertito. mentre io lo ascoltavo, sprofondavo nell'ambigua sensazione tra l'orrore e l'onore: Ancora non mi sono ripreso dall'impatto di leggermi come protagonista letterale in una simile tragedia...Fu molto generoso a recensire il mio libro e non ebbi mai l'impressione che la sua vida stava per giungere alla fine. Mesi dopo lessi 2666 e mi impressionò la trama amgistrale, la minuziosa ricostruzione dell'inferno juarense, che per ragioni letterarie situa in un posto chiamato Santa Teresa. Scrivere quelal paret deve essere stato un esercizio estremo. La vasta trascendenza di questo romanzo sarà riconosciuta nel futuro
[Sergio González Rodríguez]

Alcuni anni fa, i miei amici che vivono in Messico si stancarono che gli chiedessi informazioni, sempre più dettagliate, sugli assassinii delle donne di Juárez, e decisero, sembrerebbe di comune accordo, di dare l'incarico a Sergio González Rodríguez, che è narratore, saggista e giornalista e uno molto bene informato, e che, secondo i miei amici, era la persona che più di ogni altro sapeva su questo caso, un caso unico negli annali del crimine latinoamericano: più di trecento donne violentate e assassinate in un periodo di tempo estremamente breve, dal 1993 al 2002, in una città nella fronteira con gli Stati Uniti, di appena un milione di abitanti
Non ricordo in che anno cominciai a scrivermi con Sergio González Rodríguez. So solo che la mia simpatia e ammirazione per lui non ha fatto che crescere con il tempo. Il suo aiuto, diciamo tecnico, per la scrittura del mio romanzo, che ancora non ho terminato e che non so se mai terminero' giorno, è stato importante. Ora e' appena uscito il suo libro, "Ossa nel deserto" (Anagrama), un libro che indaga direttamente nell'orrore e che Sergio ha presentato in questi giorni a Barcellona. Il libro sarà distribuito prossimamente in tutta l'America Latina. E sicuramente tradotto in altre lingue. Ma prima sono successe tante cose. Tra queste, un tentativo di assassinio dal quale Sergio si è salvato per un pelo. E vari pedinamenti. E minaccie e intercettazioni telefoniche. Cose che avrebbero spaventato chiunque altro, ma che Sergio con un calma schiacciante, ha vissuto solamente come chi osserva la pioggia. E' certo che, piu' che una pioggia, ciò che Sergio ha osservato e poi in qualche modo vissuto. è un uragano

[Roberto Bolaño , " Sergio González Rodríguez bajo el huracán " dicembre 2002 in "Tra parentesi ]











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