Ed Vulliamy - the Observer - (tratto da Internazionale )
Con una media di duecento omicidi al mese, la guerra nella città al confine tra Stati Uniti e Messico non si ferma. Ormai non c’entra più solo il narcotraflìco: uccidere è anche una questione di status symbol
31 gennaio 2010 Un gruppo di uomini armati entra in un’abitazi0ne privata a Ciudad Iuárez, nello stato messicano di Chihuahuzn, uccidendo sedici ragazzi che stanno festeggiando un compleanno.
La notte tra il 30 e il 31 gennaio 2010, poco prima che i, sicari facessero fuoco contro sedici adolescenti durante una festa a Ciudad ]uarez, sembra che uno dei killer abbia proposto di risparmiare almeno le ragazze e i bambini. No, gli avrebbe risposto un altro, "denles parejo... ya valicron todos", falla finita e uccidili tutti. La notizia della strage nella città al confine tra gli Stati Uniti e il Messico è finita sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma è solo l'ultima di una serie di notizie terrificanti su Ciudad ]uarez che arrivano ogni giorno dall`unica fonte attendibile: la newsletter che Molly Molloy spedisce dalla New Mexico state university agli abbonati della sua Lista fronterizo. Molloy ha contato 59 omicidi a Juárez solo nella prima settimana di gennaio e un totale di 227 in tutto il mese, perfettamente in media rispetto al primato di 2.657vittime stabilito nel 2009. Molloy ha dato anche un supporto statistico alla fama di juarez come "città più pericolosa del mondo": con 192 omicidi al mese su centomila abitanti` stacca di rnolto la seconda classificata, San Pedro Sula in Honduras, con 119 omicidi. New Orleans e Città del Capo sono indietro, rispettivamente a 69 e 6o. C'è un aspetto grottesco e perverso nella violenza che sta devastando il Messico.
Da un'altra fonte arrivano le immagini di un veicolo abbandonato a Sonora. Si vedono i corpi, le teste mozzate e gli arti ritrovati nella macchina: le autorità li hanno disposti in ordine sul pavimento di un hangar. Sempre a Sonora, il 2 gennaio è stato rapito Hugo Hernandez, di 36 anni, Il corpo è stato ritrovato a Los Mochis, nello stato di Sinaloa. Il torace era in un contenitore di plastica da un lato, mentre le braccia e le gambe erano 21 qualche metro di distanza in una scatola, insieme al cranio. La faccia non c'era più: è stata ritrovata vicino alla sede del comune, cucita su un pallone da calcio.
Da un'altra fonte arrivano le immagini di un veicolo abbandonato a Sonora. Si vedono i corpi, le teste mozzate e gli arti ritrovati nella macchina: le autorità li hanno disposti in ordine sul pavimento di un hangar. Sempre a Sonora, il 2 gennaio è stato rapito Hugo Hernandez, di 36 anni, Il corpo è stato ritrovato a Los Mochis, nello stato di Sinaloa. Il torace era in un contenitore di plastica da un lato, mentre le braccia e le gambe erano 21 qualche metro di distanza in una scatola, insieme al cranio. La faccia non c'era più: è stata ritrovata vicino alla sede del comune, cucita su un pallone da calcio.
Morire per la gloria
Nel 2009 ho trascorso quattro mesi a Ciudad Iuárez per scrivere un libro che sarà pubblicato in autunno. Volevo cercare la risposta a questa domanda: che diavolo sta succedendo? Solo uno sciocco o un ciarlatano può pretendere di rispondere in modo esauriente, Un fatto, tuttavia, è indiscutibile: la brutalità di questa guerra - la prima del ventunesimo secolo - è figlia dei nostri tempi perché in fondo si combatte senza una ragione, Nel mondo che conosciamo gli arabi combattono contro gli ebrei, gli hutu contro i tutsi, i comunisti contro i fascisti, i serbi contro i croati e le truppe britanniche e statunitensi contro i fondamentalisti islamici. Lo fanno per una causa, per una fede 0 per un'identita tribale radicate, anche se folli.
La guerra del Messico, invece, non ha nessun obiettivo. Qualcuno rifiuta addirittura di definirla una guerra. In apparenza i messicani si stanno mutilando, decapitando, torturando e ammazzando a vicenda per i soldi e per conquistare le rotte del narcotraflico. Gran parte di questa violenza, tuttavia, ruota intorno ai piccoli proñtti del mercato interno e dei trafñci di strada. È una violenza fine a se stessa. Esistono delle alleanze regionali e tra clan, ma sono legami fluidi, soggetti atroppi voltafaccia e tradimenti per essere paragonati al conflitto tribale in Ruanda.
Qualcuno può obiettare che tutte le guerre, sia quelle imperiali ottocentesche sia quelle ideologiche e religiose del novecento, sono state combattute indirettamente per i soldi e le risorse. La guerra del Messico non ha pretese né bandiere ideologiche: l'unica giustificazione è che, come tante altre guerra di mafia, è nata per la spartizione di alcuni particolari prodotti, oggi diversificati, che mandano su di giri l'america (e l’Europa).
Spesso il mms belli non è nemmeno questo. Mario Treviño, un coraggioso volontario di Reynosa che si occupa di diritti umani e immigrazione e vive a stretto contatto con gli assassini, racconta: “Lo fanno perla gloria e per dimostrare di potersi permettere una maglietta girmata che costa un sacco di soldi. Cammini per strada e tutti sanno quanto sei importante perché hai una maglietta da trecento dollari. È un sistema gerarchico: se hai una maglietta di un certo tipo, avrai una bella ragazza. Se hai una T—shirt più costosa, la tua ragazza sarà ancora più bella. Ma non puoi andare in giro con la maglietta, il suv o il cellulare dell'anno scorso: significa che non hai fatto carriera. Sono persone disgustose strafatte di anfetamine, ma se ne vanno in giro con questa specie di uniforme e così diventano qualcuno”.
La scrittrice Cecilia Balli. discendente di una famiglia di allevatori di bestiame nella zona di Matamoros, al confine con il Texas, spiega: “C’e qualcosa che va oltre il denaro, È una performance, una prova di potere tipicamente maschile. L'obiettivo è dimostrare di essere qualcuno in un paese dove altrimeni non sarebbe possibile diventarlo".
Sadismo pornografico
La guerra messicana si combatte con you-Tube e i telefonini, oltre che nelle caserme della tortura, I cartelli della droga e i sicari usano YouTube per minacciare i clan rivali, ipolitici e i magistrati. e aprono siti web per diffondere le loro brutalità. Uno di questi siti, basato a El Paso è gestito dalle gang affiliate al cartello di Juarez, ha avuto più di 320mila contatti e oltre mille commenti. Le immagini degli omicidi, delle mutilazioni e delle esecuzioni vengono pubblicate su internet quasi come un’espressione di sadisrno pornografico. Metterle online è un segno di abilità e di un macabro senso dell'umorismo.
Nessun governo, né di destra né di sinistra, è riuscito ad arginare il fenomeno. La società messicana è profondamente politicizzata, ma. non esiste un movimento sindacale, rivoluzionario o operaio che combatte contro i cartelli dei narcotrafficanti. Allo stesso modo, non ci sono movimenti paramilitari di destra che cercano di mantenere la legge e l'ordine. Nessun uomo forte a destra del presidente Felipe Calderòn.
Donne e religione
L'unica resistenza a questa guerra materialista e maschilista proviene dagli ambienti religiosi e dalle donne. Anche se la posizione della chiesa cattolica resta ambigua, molti sacerdoti sul campo hanno affrontato
i narcos pagando con la vita. I centri di riabilitazione attaccati dai trafficanti sono gestiti da evangelici, spesso ex tossicodit pendenti legati alle gang. Le donne combattono individualmente, attraverso una serie di organizzazioni e in casa. In un paese profondamente religioso, perfino i narcotrarlìcanti “santiricano" la guerra attraverso il culto nichilista della santissima muerte, la dea della morte.
Dopo vari anni passati a scrivere dalla l frontiera, e avendo documentato per una buona parte del 2009 la guerra dei narcotrañicanti, mi sento più confuso di quando ho cominciato. Llaspetto più singolare di questa guerra è la sua natura “post-politica", che trova l'unica forma di resistenza nella religione “pre—politica” e nel clero. Un fenomeno sorprendente per i mezzi d’informazi0ne che continuano a chiedere soluzioni politiche e militari, sempre destinate al fallimento.
Archivio Bolaño
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