Il viaggiatore del secolo
Andrés Neuman
Ponte alle Grazie 2010
In questi giorni è uscito da Ponte alle Grazie Il viaggiatore del secolo (El viajero del siglo) di Andrés Neuman, pubblicato in lingua originale nel 2009. Dell'autore argentino avevamo ne sentito parlare per la prima volta da Roberto Bolaño che ne fece una recensione (Neuman, toccato dalla grazia ) poi inclusa nella raccolta Tra parentesi. Abbiamo poi letto e tradotto un lucido saggio di Neuman su Bolaño (disponibile su Archivio Bolaño ).
Finalmente possiamo ora leggere il romanzo nella traduzione di Silvia Sechel.
Nella presentazione dell'editore vengono riportati alcuni giudizi sul libro:
"Andrés Neuman è toccato dalla grazia, e la letteratura del XXI secolo sarà affar suo e di pochi suoi fratelli di sangue... Ogni buon lettore ritroverà nelle sue pagine ciò che è dato incontrare solo nella grande letteratura."
Roberto Bolaño
Roberto Bolaño
"È uno degli scrittori più scrittori che conosco. Ha il dono della parola e della realtà, come se sapesse che osservare a fondo la realtà conduce direttamente al fantastico, forse perché il fantastico è il nocciolo del reale."
Justo Navarro, El País
"Divertente, intelligente, agile, acutissimo. La prosa squisita si combina con la sensibilità di uno scrittore che scrolla ogni certezza e sfugge ogni etichetta."
Clarín
Ecco l'incipit del libro
Ha fre-eddo? gridò il vetturino con la voce tremolante per i sobbalzi della carrozza. Sto be-ene gra-a-zie! rispose Hans rabbrividendo.
Le luci dei fanali si affievolivano al ritmo del galoppo. Le ruote sputavano fango. Sul punto di spaccarsi in due, le balestre si storcevano a ogni buca del terreno. I cavalli gonfiavano le froge e sbuffavano nuvolette di fiato. Sopra la linea dell’orizzonte rotolava una
luna smorta.
Già da un po’ Wandernburgo si scorgeva di lontano, in direzione sud. Ma, pensò Hans, come capita spesso sul finire di una giornata spossante, la cittadina sembrava spostarsi insieme a loro. Sopra l’abitacolo il cielo era basso. A ogni frustata del vetturino il freddo prendeva coraggio e gravava sul contorno delle cose. Maanca
mo-olto? chiese Hans sporgendo la testa dal finestrino. Dovette ripetere due volte la domanda perché il vetturino si riscuotesse dalla sua rumorosa vigilanza e, facendo segno con la frusta, esclamasse: Lo-o ve-ede be-ene anche lei! Hans non capì se intendeva dire che mancavano pochi minuti o che non si poteva mai sapere.
Essendo l’ultimo passeggero rimasto e non avendo nessuno con cui parlare, chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, vide una cinta muraria e una porta a volta. Man mano che si avvicinavano, Hans percepì qualcosa di anomalo nella solidità di quelle mura, una specie di monito sulla difficoltà di uscire più che di accedervi. Alla luce fioca dei fanali scorse il profilo dei primi edifici, alcuni tetti squamosi, torri affilate, decorazioni simili a vertebre. Ebbe l’impressione di entrare in un posto appena sgomberato e che il cozzo degli zoccoli e le scosse delle ruote sui ciottoli rimbombassero più forte. Era tutto talmente ilenzioso da dargli l’impressione che qualcuno li spiasse trattenendo il respiro. La vettura svoltò l’angolo, il rumore del galoppo si attutì: la strada era di terra battuta. Attraversarono via del Vecchio Paiolo. Hans notò un’insegna di metallo sbatacchiata dal vento. Fece segno al vetturino di fermarsi.
Le luci dei fanali si affievolivano al ritmo del galoppo. Le ruote sputavano fango. Sul punto di spaccarsi in due, le balestre si storcevano a ogni buca del terreno. I cavalli gonfiavano le froge e sbuffavano nuvolette di fiato. Sopra la linea dell’orizzonte rotolava una
luna smorta.
Già da un po’ Wandernburgo si scorgeva di lontano, in direzione sud. Ma, pensò Hans, come capita spesso sul finire di una giornata spossante, la cittadina sembrava spostarsi insieme a loro. Sopra l’abitacolo il cielo era basso. A ogni frustata del vetturino il freddo prendeva coraggio e gravava sul contorno delle cose. Maanca
mo-olto? chiese Hans sporgendo la testa dal finestrino. Dovette ripetere due volte la domanda perché il vetturino si riscuotesse dalla sua rumorosa vigilanza e, facendo segno con la frusta, esclamasse: Lo-o ve-ede be-ene anche lei! Hans non capì se intendeva dire che mancavano pochi minuti o che non si poteva mai sapere.
Essendo l’ultimo passeggero rimasto e non avendo nessuno con cui parlare, chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, vide una cinta muraria e una porta a volta. Man mano che si avvicinavano, Hans percepì qualcosa di anomalo nella solidità di quelle mura, una specie di monito sulla difficoltà di uscire più che di accedervi. Alla luce fioca dei fanali scorse il profilo dei primi edifici, alcuni tetti squamosi, torri affilate, decorazioni simili a vertebre. Ebbe l’impressione di entrare in un posto appena sgomberato e che il cozzo degli zoccoli e le scosse delle ruote sui ciottoli rimbombassero più forte. Era tutto talmente ilenzioso da dargli l’impressione che qualcuno li spiasse trattenendo il respiro. La vettura svoltò l’angolo, il rumore del galoppo si attutì: la strada era di terra battuta. Attraversarono via del Vecchio Paiolo. Hans notò un’insegna di metallo sbatacchiata dal vento. Fece segno al vetturino di fermarsi.
L'intero capitolo si può leggere qui
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