mercoledì 30 giugno 2010

Messico '68: La strage degli studenti

Mario Perniola - 4 ottobre 2008

- - - -
Messico '68: La strage degli studenti

Dopo il Maggio francese, che vide scendere in sciopero spontaneamente dieci milioni di persone, e l'invasione sovietica della Cecoslovacchia in agosto, il terzo evento che nel 1968 turbò l'opinione pubblica mondiale fu l'eccidio di più di trecento studenti sulla Piazza delle Tre Culture a Città del Messico, avvenuto nel pomeriggio del 2 ottobre di quell'anno. Questa strage, in cui perirono anche bambini e passanti, fu un vero e proprio agguato contro una manifestazione pacifica, accuratamente preparato e compiuto dalle forze congiunte della polizia e dell'esercito, pochi giorni prima dell'inaugurazione dei Giochi Olimpici.

     Tra le tante proteste studentesche che in quell'anno infiammarono il mondo, questa ebbe l'esito più tragico. Oriana Fallaci, presente sulla scena del massacro e ferita gravemente da una raffica di mitra, descrive in un libro la ferocia gratuita di una carneficina che si protrasse per cinque ore. Il giornalista dell'"Espresso" Carlo Gregoretti, che arrivò qualche giorno dopo sul luogo, paragonò il comportamento delle autorità messicane a quello di un ospite che per garantirsi la buona riuscita di una festa, invece di mandare a letto i bambini, li ha ammazzati.
    Eppure, nonostante il carattere estremo di questo evento, esso non ha mantenuto negli anni successivi una risonanza mediatica globale, né ha acquistato un significato simbolico mondiale pari al Maggio francese o all'Agosto cecoslovacco. Esso è rimasto chiuso in quella che Octavio Paz ha definito in un libro famoso il labirinto della solitudine messicana: quasi nulla è arrivato in Europa della vastissima e profonda riflessione che esso ha suscitato in Messico attraverso una produzione  imponente di saggi, di grandi opere di documentazione storica, di reportage, di racconti, di poesie e perfino di film. Appare perlomeno curioso che non sia stata tradotto in italiano il libro magistrale di Elena Poniatowska, figura mitica del giornalismo messicano, La noche de Tlatelolco (1971), che costituisce il più ampio e articolato resoconto del massacro: dando voce ad una quantità di persone in vario modo coinvolte in questo evento (studenti e professori, parrucchieri e ristoratori, poliziotti e funzionari, genitori e intellettuali…) l'autrice presenta un quadro polifonico di grande effetto che supera la distinzione tra storiografia orale e letteratura.
    Accostandosi a quest'ampia produzione, ci si rende conto che il massacro messicano presenta una complessità e una problematicità molto maggiore di altri episodi del '68: esso pone interrogativi che vanno molto aldilà di un fatto d'importanza regionale e mettono a fuoco il carattere enigmatico e indecifrabile di quest'anno cruciale della storia della seconda metà del Novecento. Si sovrappongono nell'eccidio del Tlatelolco (questo è il nome in lingua nahua del luogo in cui avvenne la strage) almeno quattro differenti regimi di storicità che gli conferiscono un carattere emblematico: il tempo storico si confonde con quello mitico, in un'epoca la cui caratteristica principale segna l'affermarsi della comunicazione  e dell'individualismo.
    A prima vista, sembra di trovarsi dinanzi ad una repressione  spropositata: nello stesso modo molte volte sia in Messico che in tanti altri paesi sono state stroncate le rivolte delle classi subordinate. Tuttavia proprio l'enormità e l'assurdità di questo bagno di sangue fanno sorgere il dubbio che esso nasconda qualcosa di più profondo. Di tale aspetto inconscio si è fatto interprete Octavio Paz, che nel pamphlet Postdata (1970) considera la carneficina del '68 come la ripetizione dell'archetipo azteco, profondamente radicato nel popolo messicano, che chiede un sacrificio cruento per poter rinnovare la compattezza del legame sociale. Esisterebbe una continuità ininterrotta nella concezione del potere tra i signori aztechi, i vicerè spagnoli e i presidenti del Partito Rivoluzionario Istituzionale: a differenza del potere personalistico dei caudillos ispano-americani, in Messico il potere si manifesterebbe in modo impersonale, rituale ed espiatorio. Il regime di storicità in cui si sono mosse le autorità messicane, apparterrebbe, non alla modernità storica, ma alla temporalità mitica. Gli studenti  sarebbero stati i portavoce di una modernità riformista, che vedeva negli Stati Uniti il modello dello sviluppo economico e sociale. Tuttavia questo parallelo potrebbe anche essere rovesciato nel senso opposto: gli studenti sarebbero stati condizionati dal mito della rivoluzione incompiuta o tradita, mentre il potere voleva dare con i Giochi olimpici al mondo l'immagine rassicurante di un paese moderno o semi-moderno.
    Questa preoccupazione mostra l'importanza del regime comunicativo di storicità, che attribuisce un'importanza esclusiva  al presente. Sotto questo aspetto il Messico è stato all'avanguardia: la rivoluzione messicana, iniziata nel 1910, fu il primo evento del genere che trovò fotografi perfettamente attrezzati. In tempi recenti la rinomanza mondiale del subcomandante Marcos è dovuta all'abilità con cui ha saputo coniugare l'uso di Internet con un linguaggio letterario molto suggestivo e una messa in scena che  ha le sue radici nell'importanza della maschera nell'immaginario messicano. Strettamente connessa con la comunicazione è la questione del rapporto tra intellettuali e potere. Il '68 segnò una profonda frattura tra la classe politica e l'intelligentsia che si protrasse negli anni successivi, anche a causa di un altro massacro di studenti, avvenuto il 10 giugno 1971 e della  Guerra sucia che si protrasse fino al 1980. Non vi è dubbio che il rapporto tra sapere e potere ha in Messico una rilevanza maggiore che altrove: i fatti di Oaxaca dell'estate 2006, una protesta di insegnanti si è trasformata in una rivolta durata per alcuni mesi, nella cui repressione persero la vita due professori, un giornalista statunitense e alcuni altri manifestanti, sono difficilmente immaginabili altrove.
    L'ultima questione storica che resta la più oscura e ancora la meno studiata riguarda il destino privato e pubblico di coloro che sono sopravvissuti alla strage de Tlatelolco e alle lotte successive. Che cosa sono diventati gli studenti e i simpatizzanti del '68 in Messico e altrove?
--



Nessun commento: