Emanuele Trevi - Alias de Il Manifesto - dicembre 2008
2666 di Roberto Bolaño
Vale davvero la pena di tornare su Roberto Bolaño e il suo fluviale capolavoro postumo, 2666, ora che finalmente se ne è completata l'edizione italiana, con le ultime due parti (La parte dei delitti e La parte di Arcimboldi) delle cinque di cui si compone il romanzo (trad.di Ilide Carmignani, Adelphi, pp.672, euro 22,00).
Esattamente un anno fa, quando sono apparse le prime tre parti (La parte dei critici, La parte di Amalfitano e La parte di Fate), ne abbiamo reso conto con la dovuta abbondanza di informazioni, con Enzo Di Mauro sulla "Talpa" del 3 novembre seguito da Marco Dotti
sulle pagine del "manifesto" il 6 dicembre. Qualche maligno avrebbe potuto osservare che in tanta generosità qualcosa doveva pure entrarci il fatto che "il manifesto", e addirittura il suo supplemento culturale del sabato, a un certo punto svolgono un ruolo (seppure minimo) nella trama sempre più complessa e imprevedibile del libro. Ma la pura e semplice verità è che opere ardite, affascinanti, persuasive come 2666 si contano sulla punta delle dita di una mano sola, nella letteratura di oggi. Gravemente malato e in attesa di un trapianto al fegato (sarebbe morto a Barcellona nel 2003, a soli cinquant'anni) Bolaño ha lottato contro il tempo per portare a termine il suo folle ed esigente progetto - ben più ambizioso di tutto quanto avesse scritto fino a quel momento. Ruotando le mille e rotte pagine del romanzo intorno a un mistero, questa compiutezza conseguita in extremis era più che necessaria, visto che l'autore sembra sfidare il lettore fino alle ultime righe, senza permettergli di scoprire dove andrà a parare l'intera impalcatura.
Rimasti ammirati e confusi, ma anche a becco asciutto dopo la lettura delle prime tre parti, ora i lettori italiani, penalizzati da una scelta editoriale che giustamente Di Mauro definì "sadica", potranno finalmente conoscere per filo e per segno la vita del misterioso scrittore tedesco Benno von Arcimboldi, sparito nel nulla come un Thomas Pynchon della vecchia Europa, e comprendere perché le sue ultime tracce si perdono nel deserto del Sonora, al confine tra Messico e Stati Uniti, e nella tremenda Santa Teresa
E se da decenni ci siamo abituati a concepire il tipo di pressione che l'immaginario esercita sul reale alla stregua del contagio, Bolaño sembra voler confermare la diagnosi ma complicandola, letteralmente raddoppiandola. Il contagio, infatti, non procede a senso unico, è reciproco. E il tipo di dissesto inverso, quello che la verità provoca nei meccanismi dell'invenzione, è una specie di malattia che ancora non ha nome, e che non basta nemmeno un romanzo di mille pagine per esaurirne la diagnosi. Ma Bolaño non intendeva lasciarci, a differenza di tanti suoi colleghi sudamericani, una qualche filosofia astutamente romanzata. Non vuole darci delle idee, ma un labirinto di storie che si incastrano l'una nell'altra come in una locanda di Cervantes, e soprattutto una stupenda galleria di esseri umani che invece di rappresentare un problema filosofico direttamente lo incarnano. Ma forse, tra tutti i personaggi, alla fine il più bizzarro, il più profondo, il più convincente è proprio colui che racconta tutta questa storia, dominandola e facendosene dominare con il suo impareggiabile equilibrio di eterogenee risorse: stupore e cinismo, ironia ed onniscienza, pietà, sarcasmo, un senso decisamente picaresco del divenire…La più grande dote di questo narratore, a ben vedere, non è la varietà delle sue storie e la maestrìa da intarsiatore con la quale le combina. C'è qualcosa di più, e che cattura il lettore fin dalle prime pagine dell'opera: la capacità di instillare il sospetto che, qualunque cosa venga raccontata, in tanta abbondanza di spazi, di tempi, di caratteri e situazioni, sia solo l'aspetto esteriore, la veste scintillante di una sola vicenda, un tronco diventato invisibile all'interno delle sue diramazioni, ma capace di sorreggere tutto il dicibile senza mai essere direttamente detto.
Mentre leggevo 2666 mi veniva sempre in mente un altro libro tra i più importanti della letteratura di oggi: Soldati di Salamina di Javier Cercas NOTE


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