venerdì 26 giugno 2009

La pista di ghiaccio: Cronaca di un misfatto alla Picasso

Carla Arduini lettera.com - 4 febbraio 2005


Enric Rosquelles, ambizioso funzionario del comune di Z, è innamorato. Il suo è uno di quegli amori impossibili che la mancanza di speranza rende ancora più tenaci: è poco probabile, infatti, che la splendida Nuria, gloria locale del pattinaggio sul ghiaccio, riesca a considerarlo più di un amico. A meno che la riconoscenza non si trasformi in qualcosa di più profondo. E Nuria riconoscente deve esserlo per forza, visto che Enric ha fatto costruire apposta per lei una pista per gli allenamenti. Peccato che abbia illegalmente utilizzato denaro pubblico. E peccato che la povera Carmen, cantante senza fissa dimora, sia ritrovata cadavere proprio nel mezzo della famigerata pista...

La pista di ghiaccio: Cronaca di un misfatto alla Picasso

Il coltello, il ghiaccio, il mattino, il corpo della cantante, l’edificio, gli occhi di Caridad, tutto cominciò a girare...

Se Picasso fosse stato uno scrittore, probabilmente avrebbe raccontato storie come dipingeva oggetti e ritratti: abbandonando la prospettiva classica e proponendo la spiazzante simultaneità di molteplici punti di vista. Esattamente come Roberto Bolaño nella sua Pista di ghiaccio, cronaca una e trina di una frode con omicidio annesso, declinata secondo tre  prospettive diverse e complementari: quelle di Remo Morán, Gaspar Heredia ed Enric Rosquelles. Tre voci, tre sguardi che raccontano i fatti da angolature diverse, tre soggettive che alternate e “montate” superano il loro carattere relativo e contribuiscono a ricostruire, pezzo dopo pezzo come in puzzle, le circostanze quanto mai banali che hanno portato i co-protagonisti a incrociare drammaticamente i loro destini nel cuore di gelo e sangue del misterioso Palazzo Benvingut.

Se sono gli uomini a parlare, a spiegare, a confessarsi, questo non vuol dire che le donne siano assenti dal romanzo, ne sono anzi il motore, e neppure tanto nascosto. Carmen, Caridad, Nuria... giovani e vecchie sembrano condividere tutte il segreto dell’inafferrabilità, sono sabbia tra le dita, sono vento. Misteriose, enigmatiche come sfingi, è la loro sensuale magia che rende fuorilegge e assassini, e per di più con una semplicità sconcertante. E non sorprende, allora, la malinconia crepuscolare di certi accenti, il senso di precarietà che assilla anche chi sembra aver conquistato, alla fine, la felicità. Persino il coriaceo, sgradevole Enric, davvero poco portato per le riflessioni metafisiche, non potrà evitare di mettersi a cercare, per un po’, “il significato, la ragione, il senso vero e nascosto” di quanto gli è successo. Fatica inutile, ovviamente. Il mondo corre nel vuoto, l’autunno segue all’estate, muoiono gli amori e le illusioni, si diventa più soli e più vecchi. L’unica strategia sensata di sopravvivenza sembra una sola: guardare avanti senza rimpiangere ciò che si è perduto per sempre.

Carla Arduini  (04-02-2005) 

 



lunedì 1 giugno 2009

la narrativa di Bolaño 2,

la narrativa di Bolaño

"Bisogna partire dal fatto che Roberto Bolaño si considerava un poeta."

Massimo Rizzante

Concepisco, con molta umiltà, la totalità della mia opera in prosa e anche una parte della mia poesia come un tutto. Un tutto non solo stilistico, ma bensì anche un tutto argomentativo, i personaggi dialogano continuamente tra di loro appariscono e spariscono
[ intervista di Marcelo soto ]
Non so se lo disse Borges. Forse fu Platone. O forse George Perec. Ogni storia rimanda ad un'altra che a sua volta rimanda a un'altra Storia che a sua volta rimanda a un'altra storia. Ci sono storie che sono i numi tutelari di una storia, ci sono storie che sono le chiavi di una storia e ci sono storie che ci portano al bordo del vuoto e ci obbligano a porci le garndi domande. Io consosco solamente una delel doamnde. Come costruire un ponte? e ovviamente non conosco la risposta
[ Intervista di Demian Orosz - dicembre 2001 ]
Insomma, in un racconto di dieci pagine ci sono già dieci storie, mi dici come cazzo si fa a scrivere un romanzo di oltre seicento pagine con una sola storia? È assolutamente impossibile, chi pensa una cosa del genere è un idiota. Ogni romanzo è una successione di storie che si vanno intrecciando.
[ Intervista di Raul Schenardi ]
Credo che vengo dalla poesia. Non mi assomiglio nè a César Aira, nè a Rey Rosas, nè a Juan Villoro, nè a Javier Marías, nè a Vila Matas - che è uno dei migliori -. Nessuno di quelli che ti ho nominato è scrittore di poesia. Sono fondamentalmente un poeta. Ho iniziato come poeta. Da sempre ho creduto – e continuo a farlo – che scrivere prosa sia un atto di cattivo gusto. E lo dico sul serio
In un certo senso credo che scrivere prosa sia tornare a fare il lavoro di mio nonno analfabeta. E' molto più difficile la poesia. Le scenografie che ti propone la poesia sono di una purezza e di una desolazione molto grande. Quando metti insieme purezza e desolazione lo scenario si ingarndisce automaticamente fino all'infinito ela logica vuole che tu scompaia in questo scenario e, tuttavia, non scompari. Diventi infinitamente piccolo, ma non svanisci.ueño pero no desapareces.
[ intervista Melanie Jösch - dicembre 2000 ]
Però sono cileno, di classe medio-bassa e dalla vita ababstanza nomade, e probabilmente l'unica cosa che potevo fare era convertirmi in scrittore, accedere come scrittore e soprattutto come lettore a una ricchezza immaginaria, entrare come scrittore e come lettore in un ordine di cavalleria che credevo pieno di giovani, dicciamo, temerari, e dove, alla fine, a 48 anni mi ritrovo solo. Ma queste parole non sono altro che retorica..
  [ Intervista di Demian Orosz - dicembre 2001 ]





la narrativa di Bolaño,

la narrativa di Bolaño

"Bisogna partire dal fatto che Roberto Bolaño si considerava un poeta."

Massimo Rizzante

Concepisco, con molta umiltà, la totalità della mia opera in prosa e anche una parte della mia poesia come un tutto. Un tutto non solo stilistico, ma bensì anche un tutto argomentativo, i personaggi dialogano continuamente tra di loro appariscono e spariscono
[ intervista di Marcelo soto ]
Non so se lo disse Borges. Forse fu Platone. O forse George Perec. Ogni storia rimanda ad un'altra che a sua volta rimanda a un'altra Storia che a sua volta rimanda a un'altra storia. Ci sono storie che sono i numi tutelari di una storia, ci sono storie che sono le chiavi di una storia e ci sono storie che ci portano al bordo del vuoto e ci obbligano a porci le garndi domande. Io consosco solamente una delel doamnde. Come costruire un ponte? e ovviamente non conosco la risposta
[ Intervista di Demian Orosz - dicembre 2001 ]
Insomma, in un racconto di dieci pagine ci sono già dieci storie, mi dici come cazzo si fa a scrivere un romanzo di oltre seicento pagine con una sola storia? È assolutamente impossibile, chi pensa una cosa del genere è un idiota. Ogni romanzo è una successione di storie che si vanno intrecciando.
[ Intervista di Raul Schenardi ]
Credo che vengo dalla poesia. Non mi assomiglio nè a César Aira, nè a Rey Rosas, nè a Juan Villoro, nè a Javier Marías, nè a Vila Matas - che è uno dei migliori -. Nessuno di quelli che ti ho nominato è scrittore di poesia. Sono fondamentalmente un poeta. Ho iniziato come poeta. Da sempre ho creduto – e continuo a farlo – che scrivere prosa sia un atto di cattivo gusto. E lo dico sul serio
In un certo senso credo che scrivere prosa sia tornare a fare il lavoro di mio nonno analfabeta. E' molto più difficile la poesia. Le scenografie che ti propone la poesia sono di una purezza e di una desolazione molto grande. Quando metti insieme purezza e desolazione lo scenario si ingarndisce automaticamente fino all'infinito ela logica vuole che tu scompaia in questo scenario e, tuttavia, non scompari. Diventi infinitamente piccolo, ma non svanisci.ueño pero no desapareces.
[ intervista Melanie Jösch - dicembre 2000 ]
Però sono cileno, di classe medio-bassa e dalla vita ababstanza nomade, e probabilmente l'unica cosa che potevo fare era convertirmi in scrittore, accedere come scrittore e soprattutto come lettore a una ricchezza immaginaria, entrare come scrittore e come lettore in un ordine di cavalleria che credevo pieno di giovani, dicciamo, temerari, e dove, alla fine, a 48 anni mi ritrovo solo. Ma queste parole non sono altro che retorica..
  [ Intervista di Demian Orosz - dicembre 2001 ]