giovedì 19 agosto 2010

retablo di Vincenzo Consolo

Vincenzo Consolo 

 Retablo




Retablo, cronaca di viaggio nelle terre di Sicilia, che un pittore Milanese, Fabrizio Clerici (il nome e' quello di un pittore surrealista contemporaneo) intraprende per lenire il mal s'amore verso Teresa Blasco, donna promessa al nobile milanese Cesare Beccaria:
"io avvertii il male al suo apparire, come s'avverte il sole al primo roseggiar dell'aurora, assunsi subito il contravveleno del viaggio."
Laonde posso serenamente stendere per voi le note che qui stendo, e nel contempo parlare serenamente dell'amore. Siete felice voi, o mia signora, siete felice? "

E nel viaggio Clerici e' accompagnato dal servo isidoro, Monaco perdutamente innamorato di Rosalia che
" era in mantellina bianca damascata, e mi fece sentire brutto, sgraziato, nel mio albàgio logoro, sudato, col mio barbone nero, carico come un scecco di Pantelleria, così davanti a lei, fresca e odorosa, bella di sette bellezze, latina come un fuso.
Breve, la sera appresso conobbi il paradiso. E nel contempo comincio' l'inferno, l'inferno pel rimorso del peccato e per la ruberia del guadagno a danno del convento."
Isidoro fuggito dal convento, per guadagnarsi il pane si mischia tra i facchini del porto della Cala di Palermo
"...Fra merda fango e fumio di fritture di pannelle, mèuse, arrosti di stigliole, e voci, urla, bestemmie, Dio sia lodato!, e sciarre di pugni e sfide di coltelli. ero nell'inferno. E per giorni, impaurito, cacciai mosche, e le notti dormii in dentro al fondacocoi facchini. finchè non mi capitò quell'accianza d'oro, quel miracolo che mi fece Sqan Francesco, del cavaliere Clerici che sbarca dalla Cala....."
Viaggio di "dimenticanza" in cui Clerici si perde
"nel vacuo smemorare...nel profondo jato che disgiunge il futuro dal passato, memoria di dolore da la speranza del piacere, nel tempo che s'arresta, ne la sosta breve che si crede eterna..."
ma la causa vera del viaggo di Clerici
"e' lo scontento del tempo che viviamo, nella nostra vita, di noi, e il bisogno di staccarsene, morirne, e vivere nel sogno d'ere trapassate, antiche, che nella lontananza ci figuriamo d'oro, poetiche, come sempre è nell'irrealtà dei sogni, sogni intendo come sostanza de' nostri desideri. Mai sempre tuttavia il viaggio, come distacco, come lontananza dalla realtà che ci appartiene, è un sognare. E sognare è vieppiu' lo scrivere, lo scriver memorando del passato come sospensione del presente, del viver quotidiano. E' un sognare e infine, in suprema forma, e' lo scriver d'un viaggio, e d'un viaggio nella terra del passato."
e dopo peripezie e l'incontro coi briganti, che spogliano Clerici e Isidoro d'ogni cosa, soldi, indumenti, muli e persino la carta e le matite, Clerici ottiene dei fogli di carta che gia' una faccia hanno riempita di scrittura, storia di un raggiro ai danni dell'immacolata Rosalia e della vendetta di un frate che per liberarla dalla schiavitù taglia la testa all'infame fra Giacinto e si da alla macchia e al brigantaggio:
"E sono quei fogli questi su cui, nella faccia opposta e immacolata, ho continuato a scrivere il diario di viaggio oltre che sugli altri fogli vergini e ingialliti. Sembra un destino, quest'incidenza, o incrocio di due scritti, sembra che qualsivoglia nuovo scritto, che non abbia una una sua tremenda forza di verità, d'inaudito, sia la controfaccia o l'eco d'altri scritti. Come l'amore l'eco d'altri amori da altri accesi e ormai inceneriti. E il mio diario dunque ha proceduto, vi siete accorta, come la tavola in alto d'un retablo che poggia su una predella o base già dipinta, sopra la memoria vera, vale a dire, e originale, scritta da una fanciulla di nome Rosalia. Che temo sia la Rosalia amata da don Vito Sammataro, per la quale uccise, e si convertì in brigante. O pure, che ne sappiamo?, la Rosalia di Isidoro. O solamente la Rosalia d'ognuno che si danna e soffre, e perde per amore."
E tra lo stupore e i disincato, il rapimento e la presa di distanza, l'inquietudine e la nostalgia, prosegue il viaggio di Clerici, viaggio di fuga e di conoscenza e di dimenticanza e di denuncia e di naufragio, movimento dei pensieri e di una mente lucida e mai sottomessa ne' cieca di fronte agli orrori del mondo, che non smette mai di interrogarsi:
"O mia medusa, mia sfinge, mia Europa, mia Persefone, mio sogno e mio pensiero, cos'è mai questa terribile, meravigliosa e oscura vita questo duro enigma che l'uomo sempre ha declinato in mito, in racconto favoloso, leggendario, per cercar di rispecchiarla, di decifrarla per allusione, per metafora?......e qui come mai mi pare di veder la vita, di capirla e amarla, d'amare questa terra come fosse mia, la terra mia, la terra d'ogni uomo, d'amare voi, e disperatamente....Voi o la vita? o me medesimo che vivo? Com'é ambiguo, com'è incomprensivo questo molesto impulso, questo sentire intenso che chiamiamo amore !"

Retablo dunque, libro meraviglios di immagini figure e pensieri e sentimenti, sequenza di figure, accadimenti, di lamenti d'amore e di scritti che s'incrociano e del passato che si incrocia con il presente. Retablo, esilio d'amore, sogno e naufragio ma mai rassegnazione al dolore e alle ingiustizie, giacchè l'inquietudine trasforma e trasfigura il lamento anzi cela il desiderio e l'urgenza di cambiare il mondo:
"Ah lasciamo di dire qui di quanto l'uomo e' stato orribile, stupido, efferato. Ed è, anche in questo nostro che sembra il tempo della ragione chiara e progressiva. l'uomo dico in astratto, nel cammino generale della storia, ma anche ciascun uomo al concreto, io, voi (perdonate), è parimenti ottuso, violento nel breve tempo della propria vita. Vive sopravvivendo sordo, cieco, indifferente su una distesa di debolezza e di dolore, calpesta inconsciamente chi soccombe. Calpesta procedendo ossa d'innocenti, come questi del campo per cui procediamo io e Isidoro. Così anche in amore - va senza dirlo -, anche così procede chi è amata."
Retablo grande romanzo della letteratura italiana, che rivela la modernita di consolo, la cui ricerca e sperimentazione linguistica non e' mai fine a se stessa e produce una scrittura capace di ravvivare la lingua (una lingua stanca "tecnolgica e aziendale, banale e scontata), capace di rara potenza espressiva e nello stesso tempo di raffinata bellezza. Cosi' questo libro sembra una poesia scritta in forma di romanzo, una gemma di scrittura.

Le citazioni sono tratte da:

Retablo di Vincenzo Consolo (Sellerio ed.)





 

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