lunedì 9 agosto 2010

Piergiorgio Pulixi: QUELLA CHE NON SEI

  Piergiorgio Pulixi:

noir

QUELLA CHE NON SEI

Quando entra in ballo il maschio della famiglia per fare l'amore davanti alla web-cam, non esistono più limiti. Per ogni rifiuto, calci e pugni. La fuga è l'unica via di salvezza. Per gettarsi così alle spalle lo sporco part time della cam-girl Lingerie, stivaletti sadomaso e ore di chat a base di turpiloquio sessuale. Alla fine del mese le entrate sono di quattromila euro. All'inizio può essere divertente, ma in breve tempo ogni volta che entri in Rete senti di sprofondare nel fango

Metto i bambini a letto. Martina mi chiede di raccontarle una storia. Guardo l'orologio. È già tardi. Sto per dirle che oggi non posso. Ma quando incrocio il suo sguardo dolce non riesco a dirle di no. Poco importa. Tanto so che dopo un paio di minuti crollerà come tutte le notti. Prendo il libro delle fiabe, inizio a leggere e, come da copione, dopo due minuti dormono entrambi. I miei angioletti... Esco dalla loro camera ed entro nella mia. Chiudo la porta a chiave. Mi tolgo la fede. È ora di lavorare. Apro l'armadio. Nello scomparto più in alto ci son due grandi scatole. Le porto giù. La prima è zeppa di maschere. La seconda di biancheria intima molto sexy che mi è costata un occhio della testa. Vediamo, chi sarò stanotte? Prendo una bella maschera veneziana bicolore che lascia scoperta la bocca. Una parte del volto bianca e l'altra nera. Sorrido. La maschera è proprio in linea con la mia persona, con quello che sono e faccio, soprattutto per come mi sento oggi. Ok, vada per questa. La indosso e mi siedo davanti allo specchio. Scelgo un bel rossetto e mi trucco. Mi guardo. Perfetta. Sensuale e misteriosa. Bene. Ora la lingerie. Mi spoglio e butto sul letto buona parte della mia collezione. Questo bel tanga francese nero con gioiello sembra proprio perfetto. Ci abbino un reggiseno in raso a righe con volant in chiffon e dei guanti neri, lunghi fino al gomito, in trasparente tulle con fila di strass. Lo so, sono una maniaca dei dettagli, ma queste sono finezze che loro notano e possono fare la differenza tra una notte grama e una fruttuosa. Mancano le calze. Vediamo. Queste a rete, nere con balza media in pizzo e fiocco in raso, sembrano create per le mie gambe lunghe e sinuose. Ora le scarpe. Apro la scarpiera a muro. Vado subito su degli eleganti stivaletti in vernice nera a punta con tacco a spillo da dieci centimetri. Sono stupendi, alti fino alla caviglia e impreziositi da una fibbietta argentata sul collo del piede. Li indosso. Poi mi avvicino allo specchio ad altezza naturale e mi do un'occhiata. Perfetta. Stendo sul letto un lenzuolo viola di seta, ci getto su qualche giocattolo erotico e posiziono i faretti mobili in modo tale che la luce vada a illuminare il letto. Mi avvicino al computer portatile. È già acceso. Sistemo bene la web-cam in modo che mi inquadri. Entro nel sito e nella chat. Ora Morgana è ufficialmente on-line.


Ormai sono quasi dieci mesi che vado avanti così. Fare la web-girl non è poi così male. Lucro sulla brama di sesso di gente come Oryx64, con cui sto chattando ora e che mi chiede di leccare la lente della web-cam molto, ma molto lentamente. Perverso... Sono tanti quelli come lui. Gente che ama guardare. Che ti dà ordini e che gode nel darli. Che ti dice in che posizione metterti, cosa dire, come dirlo. Maschi... Per dieci minuti, attraverso un freddo schermo di pc, sono loro proprietà. In un mese riesco a tirare su anche tremila, quattromila euro con meno di quattro ore al giorno. Un bel part-time, non c'è che dire. Il lato negativo è che starsene a gambe aperte per quattro ore mi fa venire i crampi. E in più devi sorridere anche quando non ne hai voglia, quando le loro porcate ti farebbero venire voglia di vomitare. Ma i soldi sono soldi. Sempre meglio che lavare le scale, farsi otto ore di fabbrica, pulire culi a vecchi rincoglioniti, o lavorare in nero sotto qualcuno che crede che i palpeggiamenti siano compresi nel tuo contratto fantasma. E parlo per esperienza diretta. A quarant'anni suonati ne ho le scatole piene di lavoretti da schifo. Spogliarsi e parlare con questi idioti in chat erotiche al confronto è un paradiso. E in più sono a volto coperto, quindi non perdo nulla della mia dignità. Recito una parte. Sono ciò che mi chiedono di essere. Certo, se mi togliessi la maschera, come loro mi chiedono costantemente di fare, guadagnerei decisamente di più, ma non mi va. Nascondere la mia identità mi permette di credere che sono sempre io, la madre dei miei figli e una moglie dolce e premurosa. Così mi guadagno da vivere in questo modo. E sarebbe, ripeto, anche piacevole se tutto si limitasse a questo. Il punto è che non è così... Qualcuno bussa alla porta. Merda, speriamo che non sia Martina che ha avuto un incubo, altrimenti quella vuole dormire con me e devo sistemare tutto, dormirci assieme e addio al lavoro.
«Chi è?» chiedo.
«Sono io».
Apro la porta. Mio marito mi guarda con tanto d'occhi. «Sei una meraviglia» sussurra baciandomi dietro l'orecchio.
«Entra, forza, prima che si sveglino». Lui entra e chiudo di nuovo a chiave la porta della nostra camera. «Com'è finita la partita?» m'informo.
«Bene. Il Milan ha vinto. E tu?».
«Serata un po' fiacca».
«Mmm. Vedrai come saliranno le visite ora» sorride spogliandosi. Scuoto la testa.

L'idea di spogliarmi in chat è stata mia. M'è venuta quando Nicola, mio marito, è stato licenziato dall'agenzia informatica dove lavorava. Un giorno ha provato a lamentarsi per i sei mesi di stipendi arretrati e l'hanno sbattuto fuori. Da quel giorno non ha più trovato altro. Crisi economica del cazzo. In quel periodo anch'io ero a casa. Il supermarket dove lavoravo da circa un anno con contratti che si rinnovavano di tre mesi in tre mesi aveva chiuso i battenti e mi ero trovata a far la mamma a tempo pieno. Una notte, tristi e maledettamente preoccupati per la situazione economica disastrosa, avevo detto a Nicola che avevo letto un articolo sulle cam-girl: erano più numerose di quanto si pensasse; casalinghe che spogliandosi arrotondavano lo stipendio dei mariti, o studentesse universitarie che con gli spogliarelli si pagavano gli studi e l'alloggio. Mi sembrava una buona soluzione per non finire su una strada. All'inizio lui non ne aveva voluto sentire. Avrebbe trovato un altro lavoro, diceva. Ma quando la banca aveva chiamato avvertendoci che rischiavamo il pignoramento della casa se non ci fossimo rimessi in pari con le rate del mutuo in sospeso, non aveva più potuto dire di no... Sulle prime per lui era stato difficile. Non riusciva più a guardarmi in faccia. Non riusciva più nemmeno a fare l'amore. Quando stavo in rete, con le mie mascherine e la lingerie da puttana, lui usciva di casa o dormiva con i bambini. Non riusciva a guardare sua moglie vendersi, anche se non c'era nulla di carnale. Si sentiva in colpa, diceva. Io, invece, non ci trovavo nulla di sporco. Anzi, nei primi tempi è stato anche divertente e talvolta eccitante. Sentirsi desiderata alla follia era qualcosa di nuovo e piacevole. La cosa era gestita tramite un sito di chat erotiche. Io entravo nel sito e accedevo alla chat. A chi rimaneva colpito dalla mia scheda e dalle fotografie era permesso accedere a un tot di minuti in solitaria con me con una tariffa abbastanza alta tramite pagamento elettronico. La metà dei soldi andava a me, l'altra ai gestori del sito. Il primo mese erano stati versati sul mio conto circa duemila euro che ci avevano salvato dal pignoramento. Quando Nicola aveva capito che c'erano in ballo soldi veri era cambiato. Aveva perso le sue remore e si era fatto due conti in tasca. A suo avviso il sito per cui lavoravo mi stava derubando. Così si era messo a lavoro e aveva creato una nuova piattaforma virtuale dove potevo esibirmi e continuare con le chat erotiche private. In quel modo tutti i soldi che i visitatori pagavano per vedermi e avermi entravano nelle nostre tasche. Così, col trasferimento sul nostro sito, le nostre entrate erano raddoppiate e Nicola aveva perso definitivamente qualsiasi indugio e anzi aveva iniziato a spronarmi e a dire che se avessimo continuato così non solo ci saremmo ripresi dai debiti ma avremmo potuto divenire ricchi. Diventare ricca non mi dispiaceva, ma avevo sempre ritenuto che la storia delle chat sarebbe stato qualcosa di temporaneo, anche perché non avevo ancora trovato il coraggio di dire a Nicola che dopo il primo periodo la cosa stava iniziando a pesarmi; ogni volta che entravo in chat e qualcuno mi chiedeva di spogliarmi e di parlare sporco mentre mi toccavo, mi sentivo umiliata e sudicia, proprio come una puttana da strada. Il fatto che non c'era contatto fisico non c'entrava nulla: io, contatto fisico o meno, mi vendevo. Vendevo una parte di me. E non era una cosa di cui vantarsi. Ma avevo alternative? ribatteva Nicola. Quando mi lamentavo, quando gli dicevo che forse era il caso di smettere lui si trincerava dietro il fatto che i nostri bambini si meritavano una vita dignitosa, non una di stenti come quella che ci sarebbe inevitabilmente toccata se io avessi ricominciato a fare la cassiera e lui l'impiegato. Di fronte al bene dei miei cuccioli tutti i miei dubbi crollavano e tornavo davanti alla camera digitale pronta ad accontentare i miei sempre più numerosi clienti. Poi Nicola si era spinto anche oltre. Diceva che sicuramente ci sarebbe stata della gente che avrebbe pagato somme molto alte pur di vederci fare sesso in diretta. La cosa non mi piaceva per niente, ma lui aveva insistito così tanto che avevo deciso di accontentarlo, pur di farmi lasciare in pace. Entusiasta, aveva organizzato gli annunci e avevamo provato a farlo. La prima volta era stata una cosa davvero squallida, con un maiale che ci chiedeva cosa fare e come farlo. E, mentre osservavo Nicola che veniva dentro di me con quella maschera a nascondergli il volto, quasi non lo riconoscevo più. Non era mio marito quello che mi stava prendendo con forza, quasi brutalmente, come chiedeva il cliente. Dopo quella esperienza gli avevo chiesto di smetterla. Con le mie chat erotiche in solitaria facevamo abbastanza soldi, che senso aveva fare qualcosa che non mi piaceva per del denaro che non ci serviva? Nicola lì era cambiato ancora. Aveva iniziato a urlare, per la prima volta da quando stavamo assieme, chiedendomi se per caso fossi diventata pazza, dicendomi che in ballo c'erano molti soldi e che dovevamo semplicemente fare davanti alla web-cam quello che facevamo ogni notte nel nostro letto a telecamere spente. Io gli avevo risposto che quello che facevamo in quel letto da soli era molto diverso rispetto a quello che facevamo per i clienti: non c'era nulla della dolcezza e della complicità dei nostri momenti; quello era qualcosa di sporco, che non mi piaceva per niente. Per lui, invece, mi ero accorta che era stato diverso. Quell'esperienza l'aveva eccitato. Durante la video-sessione c'era stata come una strana sintonia tra lui e quel porco che pagava per vederci scopare. Una sintonia che mi aveva spaventato. Il giorno dopo, a mia insaputa, aveva organizzato un'altra sessione di sesso in cam. Di fronte al mio rifiuto era diventato violento, minacciandomi di botte se mi rifiutavo di farlo. Io, maledetta stupida, gli avevo creduto e l'avevo assecondato, condannandomi così all'inferno. Ora, ogni giorno, sono costretta a fare sesso con lui davanti alla cam. Non posso più rifiutarmi, perché dalle minacce è passato ai fatti. Mi ha picchiato più volte, e quando ho provato a minacciarlo, dicendo che l'avrei denunciato, lui ha ringhiato che avrebbe spifferato a tutti cosa avevo fatto ogni notte in quei mesi. L'avrebbe detto anche agli assistenti sociali che una volta scoperto da dove venivano i soldi con cui vivevamo mi avrebbero portato via i bambini. Così mi ha costretto per mesi a continuare con quest'incubo, obbligandomi a esibirmi di fronte a clienti sempre più perversi, raccattati nell'ambiente del sadomaso. CONTINUA|PAGINA12 Ho iniziato a odiarlo. Ho iniziato a maledire la notte in cui gli ho suggerito questa storia della cam-girl. Ma adesso basta. Non so perché sia cambiato o che cosa l'abbia fatto cambiare così drasticamente. Quello che so è che non voglio che questa storia continui. Non voglio che questo nuovo Nicola mi porti sull'orlo della pazzia. E nel bene e nel male, so che stanotte finirà.
«Sei pronta?» mi chiede lui di spalle indossando la mascherina.
«Sì» dico io.
Ora dorme tranquillo come un bambino, soddisfatto dopo la sua dose di perversione quotidiana. Lo osservo con odio. Con tutto l'odio che ho covato nelle maledette notti che mi ha costretto a subire le depravazioni schifose di quei pezzi di merda a cui ha cominciato ad assomigliare ogni giorno di più fino a divenire la stessa cosa. Mi tolgo la maschera. Sto tremando. Non riesco a credere di essere sul punto di farlo davvero. Ma questa volta non mi tirerò indietro. Troppe volte mi sono fermata all'ultimo. Oggi no. Mi avvicino all'armadio. Tiro fuori le valigie che ho preparato stamattina. Dentro c'è tutto ciò che mi serve, compresi i soldi che in queste settimane di preparativi ho ritirato dal nostro florido conto in banca, frutto del denaro di quei bastardi. Mi cambio. Poi in silenzio esco dalla stanza da letto. Non mi fermo a guardare i bambini. So che se dovessi farlo poi non riuscirei ad andare via. Non so cosa sarà di loro. So soltanto che se restassi ancora in questa casa, con quel mostro, potrei anche arrivare a ucciderli per poi ammazzarmi io per sfuggire da questo schifo. Sono arrivata a pensarlo tante volte. Ma c'è un'altra via d'uscita. La fuga. Non posso continuare così. Io devo salvarmi. Prima che sia troppo tardi. Prima che anch'io diventi come lui. Fanculo quel bastardo, e fanculo pure i bambini. Io devo salvarmi. Esco da casa e scappo via nell'immensità della notte.
________________

Una maschera per la dignità
Piergiorgio  «Sabot» Pulixi, vive, studia e lavora a Cagliari. Per le Edizioni E/O ha pubblicato, con Massimo Carlotto, il romanzo «Perdas de Fogu», e il romanzo «Un amore sporco» nel libro «Donne a perdere», sempre edito da E/O.

pubblicato su  Il manifesto   - - - -
© Piergiorgio Pulixi -  

 

Nessun commento: