Alessio Brandolini - FILI D'AQUILONE - marzo 2007
Un romanzetto canaglia è stato pubblicato in Italia nel 2005, da Sellerio, nell'accurata traduzione di Angelo Morino. Uscito in Spagna nel 2002 con il titolo "Una novelita lumpen", ultimo suo lavoro prima della morte avvenuta nel 2003 in un ospedale di Barcellona, in attesa d'un trapianto di fegato. Nato a Santiago del Cile nel 1953, Roberto Bolaño si trasferisce nel 1968 a Città del Messico con la famiglia. Torna in Cile nel 1973, giusto in tempo per vivere nel settembre di quell'anno la sanguinosa caduta di Allende e l'ascesa al potere di Pinochet. Finisce in carcere per otto giorni, fatto liberare da un parente militare fugge in Messico, poi si stabilisce in Spagna.
Quattro i protagonisti del romanzo ("romanzetto", per l'autore) e la storia è raccontata dall'unica ragazza del gruppo che si prostituisce al cieco Maciste: ex attore, ex campione di culturismo. Gli altri tre - di cui uno è suo fratello - vivono con i suoi soldi in attesa dell'audace colpo che all'improvviso gli cambierà per sempre la vita, e finalmente potranno sguazzare nel lusso, vivere alla grande e divertirsi.
Storia breve, ma densa e scura, dai risvolti grotteschi. Ambientata a Roma dove l'editore spagnolo aveva inviato Bolaño per soggiornarvi e poi lì scrivere una storia. Una Roma concreta e luminosa, ma topograficamente inesatta. Questo però non scalfisce il realismo di fondo dell'autore che con distacco descrive la solitudine e le ambiguità dei personaggi, il loro vano desiderio d'amore, d'amicizia, di denaro. Un realismo stratificato, come se tendesse a scavare, a sfaccettare le cose per mostrarne la banalità, o il vuoto. Che poi è il segno originale, sempre riconoscibile di questo autore straordinario che iniziò a scrivere romanzi a quarant'anni e ne scrisse uno all'anno, fino alla morte.
Quattro i protagonisti del romanzo ("romanzetto", per l'autore) e la storia è raccontata dall'unica ragazza del gruppo che si prostituisce al cieco Maciste: ex attore, ex campione di culturismo. Gli altri tre - di cui uno è suo fratello - vivono con i suoi soldi in attesa dell'audace colpo che all'improvviso gli cambierà per sempre la vita, e finalmente potranno sguazzare nel lusso, vivere alla grande e divertirsi.
Storia breve, ma densa e scura, dai risvolti grotteschi. Ambientata a Roma dove l'editore spagnolo aveva inviato Bolaño per soggiornarvi e poi lì scrivere una storia. Una Roma concreta e luminosa, ma topograficamente inesatta. Questo però non scalfisce il realismo di fondo dell'autore che con distacco descrive la solitudine e le ambiguità dei personaggi, il loro vano desiderio d'amore, d'amicizia, di denaro. Un realismo stratificato, come se tendesse a scavare, a sfaccettare le cose per mostrarne la banalità, o il vuoto. Che poi è il segno originale, sempre riconoscibile di questo autore straordinario che iniziò a scrivere romanzi a quarant'anni e ne scrisse uno all'anno, fino alla morte.
Il libro riporta una strana epigrafe di Antonin Artaud:
Ogni scrittura è una porcata.
Chi esce dal nulla cercando di precisare qualsiasi cosa gli passi per la testa, è un porco.
Chiunque si occupi di letteratura è un porco, soprattutto adesso.
Per questo "romanzo canaglia"?
O è per via dell'inutilità della letteratura?
O del vuoto della vita?
Nel romanzo i personaggi sono ben delineati, soprattutto la ragazza, che racconta da donna matura il proprio passato di orfana ("Adesso sono una madre e anche una donna sposata, ma non molto tempo fa ero una delinquente". Così inizia Un romanzetto canaglia), e il cieco Maciste che vive in una grande casa piena di stanze, polvere e attrezzi ginnici.
Accennavo al vuoto della vita, e così infatti si chiude questa breve storia:
Accennavo al vuoto della vita, e così infatti si chiude questa breve storia:
... era una tormenta senza rumore e senza occhi che veniva da un altro mondo, un mondo che neppure i satelliti che girano intorno alla Terra possono captare, e dopo esisteva un vuoto che era il mio vuoto, un'ombra che era la mia ombra.
Archivio Bolaño
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