venerdì 27 gennaio 2012

Roberto Bolaño – I dispiaceri del vero poliziotto

Altroquando        -

23 gennaio 2012

Quella sera, dopo aver riletto quattro o cinque volte la lettera, Amalfitano non poté rimanere in casa. Si mise una giacca leggera e uscì a camminare. I suoi passi lo portarono in centro, dove vagò nella piazza in cui la statua del generale Sepùlveda voltava le spalle ricambiato al gruppo scultoreo che celebrava la vittoria del popolo di Santa Teresa sui francesi, e poi si infilò in un quartiere che, malgrado fosse a due isolati dal centro, riuniva in sé – e mostrava – ogni stigma, ogni segno di povertà, squallore e pericolo. La zona rossa.
Quel nome divertiva Amalfitano con un misto di amara tenerezza; anche lui, nel corso della sua vita, aveva conosciuto zone rosse. I quartieri operai, i “cordoni industriali”, prima, i luoghi liberati dalla guerriglia, dopo. Chiamare zona rossa un quartiere di puttane, tuttavia, gli sembrava azzeccato e si domandò se anche quelle lontane zone rosse della sua gioventù non fossero state enormi quartieri di puttane camuffati con la Retorica e la Dialettica. Luoghi di puttane invisibili, splendore di papponi e poliziotti, tutto il nostro sforzo, la nostra lunga rivolta carceraria.
Di colpo si sentì triste e anche affamato. Contro ogni avvertenza e cautela di genere gastrointestinale si fermò da un venditore ambulante, all’angolo fra avenida Guerrero e General Mina, e comprò un panino al prosciutto e del tè all’ibisco che, nella sua fervida immaginazione, era simile al nettare di gelsomino o al succo di fiori di pesco cinesi della sua infanzia. Com’erano saggi, accidenti, com’erano delicati questi messicani, pensò mentre assaporava uno dei migliori panini della sua vita: fra il pane e il pane, panna acida, salsa di fagioli neri, avocado, lattuga, pomodoro o jitomate, tre o quattro pezzetti di peperoncino chipotle, e una sottile fetta di prosciutto, l’elemento che dava nome al panino e allo stesso tempo il meno importante. Come una lezione di filosofia. Filosofia cinese, è chiaro! pensò. Il che lo portò a ricordare quei versi del Tao te ching: “La loro identità è il mistero / E in questo mistero / si trova la porta di tutte le meraviglie”. Qual’era l’identità di Padilla? Pensò allontanandosi dal venditore ambulante e dirigendosi verso una grande insegna luminosa a metà di calle Mina. Il mistero, la meraviglia di essere giovane e non aver paura e di colpo averla. Ma aveva davvero paura, Padilla? o le manifestazioni che Amalfitano interpretava così erano segno di qualcos’altro? L’insegna, a grandi lettere rosse, annunciava la cantante di rancheras Coral Vidal, una seduta di streap-tease comunicativo e il famoso mago Alexander. Sotto la pensilina all’ingresso, in un brulichio di gente insonne, vendevano sigarette, droghe, frutta secca, riviste e giornali di Santa Teresa, Città del Messico, California e Texas. Mentre pagava un quotidiano della capitale, me ne dia uno qualunque, aveva detto all’edicolante, mi dia l’”Excélsior”, un bambino gli tirò la manica.
Amalfitano si voltò. Era un bambino bruno, magro, sugli undici anni, con indosso una felpa gialla con l’emblema dell’Università del Wisconsin e dei pantaloncini sportivi. Venga con me, signore, mi segua, insisté il bambino davanti alla resistenza iniziale di Amalfitano. Qualcuno si era fermato a guardarli. Alla fine decise di obbedire. Il bambino s’infilò in una strada laterale piena di caseggiati che sembravano sul punto di crollare. I marciapiedi erano invasi da automobili parcheggiate male o, a giudicare dalle loro pietose condizioni, abbandonate dai proprietari. Dall’interno di certe case arrivava un guazzabuglio di televisioni a tutto volume e voci irate. Amalfitano contò fino a tre insegne di pensioni. I nomi gli parvero pittoreschi, ma non quanto l’insegna di calle Mina. Cosa significavastreap-tease comunicativo? Che si spogliavano anche gli spettatori o che la spogliarellista annunciava a voce alta gli strumenti che poi si sarebbe tolta?
Di colpo la strada rimase in silenzio, come ripiegata su se stessa. Il bambino si fermò tra due automobili particolarmente sgangherate e guardò Amalfitano negli occhi. Lui, finalmente, capì e scosse la testa. Poi forzò un sorriso e disse no,no. Tirò fuori di tasca una banconota e gliela mise in mano. Il bambino prese la banconota e se la infilò in una delle scarpe da ginnastica. Quando lo vide chinarsi Amalfitano ebbe l’impressione che un raggio di luna gli illuminasse la schiena piccolina e ossuta. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. La loro identità è il mistero, ricordò. E ora? disse il bambino. Ora te ne vai a casa a dormire, disse Amalfitano e si rese immediatamente conto della stupidità del rimprovero. Mentre si avviavano, stavolta uno accanto all’altro, s’infilò la mano in tasca e gli diede altri soldi. Ehi, grazie, disse il bambino. Così questa settimana ceni, disse Amalfitano con un sospiro.
Prima di lasciare la strada sentirono dei gemiti. Amalfitano si fermò. Non è nulla, spiegò il bambino, vengono da lì, è la Llorona. La mano del bambino indicò la soglia di una casa in rovina. Amalfitano si avvicinò esitante. Nel buio dell’androne si sentirono di nuovo i gemiti. Venivano dall’alto, da uno dei piani superiori. Il bambino gli stava accanto e gli indicava il punto, Amalfitano fece pochi passi nell’oscurità e non osò proseguire. Tornando indietro vide il bambino in piedi, in equilibrio sulle macerie. E’ la matta della strada che muore di Aids, disse guardando distrattamente i piani superiori. Amalfitano non fece alcun commento. In calle Mina si separarono. […]
Roberto Bolaño, I dispiaceri del vero poliziotto, Adelphi, 19 €
Il sogno di ogni vero lettore non è forse di ritrovare, anche solo per poco, i personaggi di un libro che ha appassionatamente amato? Ebbene, lo vedrà realizzarsi, per la prima volta, in questo romanzo, dove riappaiono alcuni dei personaggi di 2666. Per poterli incontrare di nuovo, però, dovrà accettare il rischio di intraprendere un viaggio quasi iniziatico, all’interno di una foresta in cui le piste si confondono e si aggrovigliano. Ma il vero lettore non esiterà, e si trasformerà lui stesso nel vero poliziotto del titolo: colui che (come Bolaño) “cerca invano di mettere ordine in questo dannato romanzo». Inoltrandosi dunque nella trama fittissima e imprevedibile di queste pagine, scoprirà, per esempio, che il professor Amalfi­tano è approdato in Messico dopo essere stato espulso dall’Università di Barcellona per omosessualità, e ne conoscerà il nuovo amante, un irresistibile falsario di dipinti di Larry Rivers (mentre dell’ex amante, un poeta malato di Aids, leggerà le impagabili lettere); e rivedrà anche l’incan­tevole Rosa Amalfitano, di cui sembra innamorarsi il poliziotto Pedro Negrete, incaricato di indagare sul professore insieme allo scherano Pancho, erede di una dinastia di donne violate… Nel frattempo si lascerà sedurre, il vero lettore, da digressioni letterarie impertinenti, classifiche irriguardose, biografie fittizie, atmosfere inquietanti, sogni rivelatori. Con l’im­per­tur­babile senso del ritmo e la dovizia visionaria delle sue storie, Bolaño saprà i­pnotizzare il suo lettore-po­liziotto, imponendogli un modo di raccontare nuovo e sorprendente. Sicché, alla fine, l’unico «dispiacere» che quegli proverà sarà di vedere i personaggi, già da sempre in fuga, sottrarsi ancora una volta: come se, terminato il libro, «saltassero letteralmente fuori dall’ulti­ma pagina e continuassero a fuggire».
(dalla prima di copertina)



AltroQuando   ---- - - -



Bolaño è morto, viva Bolaño

  Dario De marco        -

Giudizio Universale 27/1/2012

Bolaño è morto, viva Bolaño


A nove anni dalla scomparsa dello scrittore, anche i suoi lasciti scritti sembrano arrivati alla fine. Frutto di un riassemblaggio filologico che però si attiene alla volontà dell'autore, I dispiaceri del vero poliziotto rinnova quel mondo labirintico che abbiamo imparato a conoscere. Ora più che mai toccherà ai lettori fare i detective (più o meno selvaggi)





E adesso come facciamo? Adesso che Roberto Bolaño è morto davvero, come facciamo? Perché, sia chiaro: è finita. Nove anni dopo la dissoluzione fisica dello scrittore cileno, oggi Bolaño muore davvero, perché si pubblica la sua ultima opera, I dispiaceri del vero poliziotto. D'ora in poi, no news. E già questa è stata un miracolo: benché più volte citato in varie interviste – e come enfaticamente riporta la prefazione, indicato in una lettera come “IL MIO ROMANZO” - il libro è il risultato dell'assemblaggio di varie fonti, dattiloscritti, file sul pc e capitoli stampati: con filologico zelo (che ai maligni solleverà più dubbi di quanti ne sopisce) la finale Nota editoriale ci spiega che i capitoli erano tutti scritti riscritti e corretti, e l'ordine in cui sono posti era proprio quello che stava nella testa dell'autore. La verità, non lo sapremo mai. La vera verità, non ci può interessare di meno. Ché lo stile, l'architettura delle opere (dell'opera) di Bolaño è così intrinsecamente labirintica, depistante, che avanzare sospetti di caos a babbo morto è semplicemente insensato. È come il discorso sui lirici greci: scrivevano veramente poesie fulminanti di tre righe, o ci sono arrivati solo frammenti di poemi più vasti? Ma chissenefrega, sono bellissimi, e tanto basta.

Basta quindi, finito tutto. E allora, come facciamo? Facciamo che torneremo a leggerlo, e rileggerlo e ri-rileggerlo fino allo sfinimento? Inseguendo quei personaggi - sempre gli stessi, sempre leggermente, orribilmente diversi - da un libro all'altro, dallo strepitoso I detective selvaggi al monumentale 2666, fin nelle pieghe dei cosiddetti minori, come i racconti Chiamate telefoniche. Facciamo che pur di evitare il distacco lo rileggeremo all'infinito, fino a impararlo a memoria, fino a citarlo senza accorgercene, fino a... capirci qualcosa? A orientarci alla perfezione nelle sue geografie? No, non sia mai detto: impossibile.

Lo scrittore Martin Amis, grande esperto di Nabokov, ha sottolineato un piccolo trucco o giochino che c'è in Lolita: nelle prime pagine vengono elencate una serie di donne e brevemente di ognuna si dice qual è stato il loro destino, tra cui la signora X; ma solo a pagina duecento e rotti del romanzo si nomina quello che sarà il marito di Lolita, con relativo cognome X. Ora, Amis racconta questo per dimostrare che Nabokov era così grande e consapevole della propria grandezza, che inserì questo enigma perché sapeva che Lolita sarebbe stato letto e ri-letto. A noi serve solo come exemplumquello che in Nabokov è un caso unico, in Bolaño è così frequente che si può dire sia la trama stessa, la sostanza di cui sono fatti i suoi sogni, pardon libri.
 
È un continuo gioco di rimandi interni: personaggi accennati all'inizio che poi diventano decisivi nell'ultima parte, storie che non sembrano avere senso e invece poi sono il lato B di un'altra vicenda, digressioni (o invenzioni) storiche e letterarie e artistiche. E ovviamente i rimandi esterni, agli altri libri, al mondo immaginato da Bolaño. Torna il triste e sessualmente progressista professor Amalfitano; torna il mitico scrittore francese J.M.G. Arcimboldi, anzi torna la sua ombra, i suoi libri recensiti e le sue amicizie spulciate, fino ad avanzare una terribile ipotesi fanta-chirurgica sulla sua sparizione; tornano le case della borghesia europea e i deserti dello stato messicano di Sonora. E ovviamente sul più bello la storia finisce, così.

Perché il vero poliziotto non è un personaggio del romanzo - che pure brulica di agenti, militari e detective come un giallastro di serie zeta - ma siamo noi, sei tu. E il tuo dispiacere, la tua insanabile frustrazione è quella di non capirci una mazza, come dice lo stesso Bolaño: “è il lettore che invano cerca di mettere ordine in questo dannato romanzo”. Per cui becchiamoci questa, l'autore ci dà del poliziotto, e francamente solo da lui ce lo potevamo tenere.

Ma seriamente. La parola illuminante e definitiva la dice il prologo di Juan Antonio Masoliver Ròdenas, dove sottolinea che Bolaño “può osare quanto i contemporanei più audaci, e allo stesso tempo mantenere un livello di tensione tradizionale, grazie al carattere avventuroso”. Bolaño ottiene quello che a pochi è veramente riuscito (anche se di molti si è detto a sproposito, da Baricco ai Beatles): coniugare qualità e quantità, critica e pubblico, sperimentazione e successo, avanguardia e page-turn. Ma c'è di più. 
Lo stesso J.A.M. Ròdenas rileva come Bolaño rappresenti in un certo senso la sintesi di '800 e '900, e insieme un passo in avanti. L'800 ha passato un secolo a costruire il grande edificio del romanzo: solido, onnicomprensivo, verosimile, verista, vero. Il '900 ci ha messo altrettanto per intaccare il moloch, minarlo, smembrarlo, infine distruggerlo. Poi arriva Bolaño che, aggirandosi tra le macerie, inizia a ricostruire qua un muretto, lì un soffitto; ma il muro è una quinta di cartone, e il soffitto un ologramma, o forse no.

Addio scrittore, continueremo a percorre le tue pagine, come in sogno. Ti salutiamo parafrasando un distico di Borges - che citare J.L.B., a proposito o sproposito, fa sempre figo:
 
Bolaño, non cesso di vagare per le tue vie,
senz'ora e senza meta









Giudizio Universale   ---- - - -

giovedì 26 gennaio 2012

Un noir inedito di Roberto Bolaño

 Sandro Sarti    -  

26/1/2012


Un noir inedito di Roberto Bolaño 


Sandro Sarti
Come in un vero noir che si rispetti, il romanzo - inedito - di Bolaño "I dispiaceri del vero poliziotto (Adelphi, pagg. 304, 19 euro) salta fuori dalle cartellette e dal computer alla morte dello scrittore nel 2003. Un regalo inaspettato perché questo romanzo è un'opera vera, perfettamente in linea con la visionarietà di Bolaño. L'edizione che ora l'Adelphi pubblica rispecchia quindi «il preciso intento di offrire al lettore il romanzo così come è stato ritrovato, con la massima fedeltà possibile. Correzione e modifiche sono state ridotte al minimo indispensabile», avverte la nota editoriale di Carolina Lopez.

"I dispiaceri del vero poliziotto" è stato concepito alla fine degli anni '80 e Bolaño ha continuato a lavorarci fino alla morte, ma sarebbe sbagliato pensarlo come il testamento letterario dello scrittore. In realtà, l'opera è assolutamente in linea con lo stile consueto al quale Bolano ha abituato i suoi lettori. A parte forse il titolo che, come spiega nel prologo Juan Antonio Masoliver Rodenas, «è lungo, descrittivo, senza il ritmo..., senza stranezze né la minima provocazione».

«Tuttavia - scrive ancora - esso contiene un indizio, in una scrittura disseminata di indizi, e rimanda non tanto ai "Detective selvaggi" quanto al titolo, altrettanto atipico, del romanzo di Padilla, "Il dio degli omosessuali". Per Masoliver Rodenas, se il "detective" del romanzo è Amalfitano, che impernia la dimensione "metaletteraria" della storia, il "poliziotto" è il lettore stesso. Del resto è stato lo stesso Bolaño ad anticipare, parlando del romanzo, che «il poliziotto è il lettore, che cerca invano di mettere ordine in questo dannato romanzo».

E così, come ogni reale "piedipiatti", anche il lettore, pagina dopo pagina, si imbatte ad ogni passo ad affrontare solo piste false in un continuo ritrovarsi al punto di partenza. Si parte con il professor Amalfitano approdato in Messico dopo essere stato espulso dall'Università di Barcellona per omosessualità; si passerà poi a conoscere il suo amante, un falsario di dipinti di Larry Rivers; si ritroverà la bella Rosa Amalfitano della quale sembra innamorato il poliziotto Pedro Negrete, incaricato di indagare sul professore insieme allo scherano Pancho.
Nel mezzo di tutto questo una serie di digressioni letterarie, di classifiche, di biografie, sogni rivelatori: insomma, la consueta, scintillante, trama di Bolaño.

E alla fine il lettore, anche questa volta, dovrà rassegnarsi a vedere sfuggire i personaggi che continueranno a scappare ben oltre le pagine del libro. E forse non è un caso che Bolaño abbia dedicato il libro a Manuel Puig


La gazzetta del sud   ---- - - -



domenica 22 gennaio 2012

Nel giallo di Bolaño a indagare è il lettore

Gabriele Morelli      -

22 gennaio 2012

Nel giallo di Bolaño a indagare è il lettore



Romanzo incompiuto, ma non incompleto, scrive Juan Antonio Masoliver Ródenas, nella nota introduttiva de I dispiaceri del vero poliziotto (Adelphi, pagg. 304, euro 19), a cui lo scrittore cileno Roberto Bolaño stava lavorando prima della sua prematura morte, nel 2003. L'affermazione coglie in modo preciso la natura incerta del racconto, che vero racconto non è, poich´ manca di un suo sviluppo autonomo, ma vive di una sostanza frammentaria, provvisoria, senza un approdo apparente, dove tornano motivi e personaggi che già transitano in altri romanzi come Stella distante, Chiamate telefoniche, I detective selvaggi e, soprattutto, 2666.
Un testo posticcio, frutto di un progetto iniziatico, presto abbandonato e poi ripreso. Un libro che adotta diversi punti di vista attraverso una rete di registri, in cui la trama si rompe e si confonde continuamente. Si tratta di una discesa nel profondo dell'io e della lingua che crea un ampio spazio magmatico in cui il lettore può immergersi per partecipare attivamente alla costruzione della trama che lega la storia poliziesca. Lo raccomanda lo stesso Bolaño quando afferma che il vero poliziotto del libro, Pedro Negrete, è lo stesso lettore «che cerca invano di mettere ordine in questo dannato romanzo».

venerdì 13 gennaio 2012

Silvio Bernelli -

Primo amore 11 gennaio 2012

Alla fine, dopo tanta attesa, ecco I dispiaceri del vero poliziotto, il nuovo romanzo postumo di Roberto  Bolaño. Per sgombrare il campo dal sospetto che la pubblicazione nasca per fare cassa con l’autore del capolavoro 2666, il libro che esce adesso per Adelphi nella traduzione di Ilide Carmignani (pp. 304,19€) è corredato da un’accurata ricostruzione filologica. Secondo gli esperti, l’edizione di I dispiaceri del vero poliziotto rispetta al 100% il manoscritto dello scrittore cileno, lavorato fino alle soglie dell’editing definitivo nel 2003, anno della morte. Resta comunque il mistero su un testo che, come dichiarato dallo stesso Bolaño, avrebbe dovuto far parte di un romanzo assai più complesso, una sorta di libro gemello di 2666. Proprio alcuni protagonisti di quel romanzo-fiume sono al centro di I dispiaceri del vero poliziotto, e più di tutti il triste professore di letteratura Oscar Amalfitano.
Un personaggio che però non ha tutte le caratteristiche di quello raccontato in 2666. Ad esempio, ha una moglie diversa, ma la stessa figlia Rosa; quella che in 2666 fuggì in compagnia del giornalista americano Fate. Un episodio citato anche all’interno di questo libro. Il complesso rimando tra i due testi, che assomiglia al desiderio dell’autore di sparigliare e confondere le poche certezze del paziente lettore di 2666, continua con lo scrittore “fantasma” Arcimboldi. Nei Dispiaceri del vero poliziotto si merita una lunga parte centrale che sembra uno stralcio imperfetto, uno scarto di 2666. Impossibile riassumere la trama di I dispiaceri del vero poliziotto, un libro nel quale di fatto non viene raccontato altro che la senile omosessualità di Amalfitano, che suscita l’interesse della pericolosa polizia messicana di Santa Teresa. Anche qui siavvistano alcuni personaggi di 2666, i fratelli Negrete, il poliziotto Lalo Cura che qui è invecchiato, ha un altro nome, ma la medesima storia alle spalle. Nel libro ci sono i classici temi di Bolaño: la meta-letteratura, le digressioni e le storie del passato che spaccano la narrazione, i personaggi epici, il sesso, l’arte contemporanea. A parte alcune pagine dedicate a Barcellona, sullo sfondo del romanzo c’è sempre la Santa Teresa di 2666, la capitale di un paese che sta “su entrambi i lati della frontiera, come una nazione rinnegata sia dal Messico che dagli Stati Uniti. La nazione invisibile.” Il romanzo non ha alcuna conclusione, come viene saggiamente ammesso dalle note critiche che accompagnano il testo, ed è difficile alla fine darne un giudizio. Ci sono pagine in cui Bolaño dispiega il suo talento narrativo, come nella formidabile storia del generale rivoluzionario Sepulveda, ma a volte si ha la sensazione di leggere un autore che fa il verso a se stesso, come nell’incipit dedicato alla “letteratura frocia”, che prevedibilmente farà spellare le mani alla critica di bocca buona. In bilico tra questi due estremi, I dispiaceri del vero poliziotto sembra un libro riservato ai fan accaniti di Bolaño. Per tutti gli altri, il consiglio è di sfidare le quasi mille pagine di 2666. Ne vale la pena.

Primo amore   ---- - - -

Massimo Lomonaco-


I dispiaceri del vero poliziotto

Come in un vero noir che si rispetti, il romanzo - inedito - di Bolano salta fuori dalle cartellette e dal computer alla morte dello scrittore nel 2003. Un regalo inaspettato perche' 'I dispiaceri del vero poliziotto' e' un'opera vera, perfettamente in linea con la visionarieta' di Bolano. L'edizione che ora l'Adelphi pubblica rispecchia quindi ''il preciso intento di offrire al lettore il romanzo cosi' come e' stato ritrovato, con la massima fedelta' possibile. Correzione e modifiche sono state ridotte al minimo indispensabile'', avverte la nota editoriale di Carolina Lopez. 'I dispiaceri del vero poliziotto' e' stato concepito alla fine degli anni '80 e Bolano ha continuato a lavorarci fino alla morte, ma sarebbe sbagliato pensarlo come il testamento letterario dello scrittore. In realta', l'opera e' assolutamente in linea con lo stile consueto al quale Bolano ha abituato i suoi lettori. A parte forse il titolo che, come spiega nel prologo Juan Antonio Masoliver Rodenas, ''e' lungo, descrittivo, senza il ritmo..., senza stranezze ne' la minima provocazione''.

''Tuttavia - scrive ancora - esso contiene un indizio, in una scrittura disseminata di indizi, e rimanda non tanto ai 'Detective selvaggi' quanto al titolo, altrettanto atipico, del romanzo di Padilla, 'Il dio degli omosessuali'''. Per Masoliver Rodenas, se il 'detective' del romanzo e' Amalfitano, che impernia la dimensione 'metaletteraria' della storia, il 'poliziotto' e' il lettore stesso. Del resto e' stato lo stesso Bolano ad anticipare, parlando del romanzo, che ''il poliziotto e' il lettore, che cerca invano di mettere ordine in questo dannato romanzo''.

E cosi', come ogni reale 'piedipiatti', anche il lettore, pagina dopo pagina, si imbatte ad ogni passo ad affrontare solo piste false in un continuo ritrovarsi al punto di partenza. Si parte con il professor Amalfitano approdato in Messico dopo essere stato espulso dall'Universita' di Barcellona per omosessualita'; si passera' poi a conoscere il suo amante, un falsario di dipinti di Larry Rivers; si ritrovera' la bella Rosa Amalfitano della quale sembra innamorato il poliziotto Pedro Negrete, incaricato di indagare sul professore insieme allo scherano Pancho. Nel mezzo di tutto questo una serie di digressioni letterarie, di classifiche, di biografie, sogni rivelatori: insomma, la consueta, scintillante, trama di Bolano.

E alla fine il lettore, anche questa volta, dovra' rassegnarsi a vedere sfuggire i personaggi che continueranno a scappare ben oltre le pagine del libro. E forse non e' un caso che Bolano abbia dedicato il libro a Manuel Puig e Philip K.

Dick: due autori che la dicono lunga sulle preferenze dello scrittore cileno.(ANSA).

Ansa   ---- - - -


la stampa    12/01/2012 -


Torna Bolano, nuova perla metaletteraria

Roberto Bolano, forse più di qualunque altro narratore contemporaneo, è riuscito a costruire dei mondi letterari in grado di irretire il lettore con forza irresistibile, trascinandolo in un'esperienza quasi sempre memorabili. La sua morte prematura, nel 2003 mentre attendeva un trapianto al fegato, resta una delle grandi perdite per la letteratura, non solo di lingua spagnola. La fama Bolano l'ha conosciuta per breve tempo, ma da postumo il cileno è diventato un vero e proprio fenomeno, capace di conquistare migliaia di lettori in tutto il mondo. E così questo 2012 in libreria si apre con un nuovo - se così si può dire - postumo di Bolano, "I dispiaceri del vero poliziotto", che Adelphi pubblica dopo il clamoroso "2666" e i ritrovati "Amuleto" e "Il Terzo Reich". "E' un curiosissimo libro - ha detto Matteo Codignola di Adelphi a TMNews - perché è in un certo senso quello che tutti vorremmo fare quando vediamo un film o leggiamo un libro che ci piace, ossia sapere che cosa è successo ai personaggi dopo quel frammento che abbiamo avuto modo di vedere, leggere o ascoltare. E Bolano ha fatto proprio questo, in una specie di compulsione perché non riusciva probabilmente a separarsi dai suoi personaggi. Chi ha amato Amalfitano,e tutti gli altri, qui li ritrova tutti, da piccoli, da grandi, in altre storie, in altre vite, in altre situazioni. Ed è un grandissimo godimento letterario e metaletterario al tempo stesso".La storia dei "Dispiaceri", curato anche questa volta da Ilide Carmignani, ruota dunque intorno a personaggi già noti ai lettori di Bolano, ma anche all'ennesimo poeta irregolare, Padilla, riedizione omosessuale degli indimenticabili Belano e Lima de "I detective selvaggi", l'unico grande romanzo di Bolano pubblicato in vita. Ora siamo di fronte a un'opera incompiuta, ma che brilla dell'energia febbrile tipica delle pagine più famose del gran cileno, nonché di una struttura circolare - in un senso che sarebbe piaciuto a Borges - fatta di continui rimandi alle altre opere dello scrittore, in un viluppo che è parte integrante del fascino di ogni pagina di Bolano. Come se ci trovassimo di fronte a un eterno ritorno, ma giustamente non è chiaro a che cosa si torni, forse alle suggestioni di quel motto di Democrito amato e ripreso dal fondatore della contemporaneità, Samuel Beckett: "Niente è più reale del niente". E niente, aggiungiamo, è più importante.Una notizia molto importante per i lettori di Bolano, poi, è che Adelphi ha annunciato la ripubblicazione della sua opera omnia. "Bola o in questi anni - ha aggiunto Codignola - è diventato una delle pochissime stelle polari dei lettori e anche degli scrittori del nostro tempo, e quindi pensiamo che la riproposta della sua opera ed eventualmente di cose che ancora non sono uscite, insieme a 2666 aiuti a capire che cosa questo scrittore è stato, ma ancora è, perché è un autore del quale è abbastanza complicato parlare al passato, perché è come se fosse qui". Leggere Bolano, dunque, per provare a dare un senso, una cartografia, forse anomala ma indubbiamente universale, al nostro tempo. "In una situazione caotica - ha concluso Codignola - come quella in cui siamo, Bolano, insieme a Foster Wallace, a Murakami e per certi versi anche a Stieg Larsson, ha scritto libri che sono un po' il segno di questi anni. Poi, che cosa sono e perché lo sono diventati è un discorso che ci porterebbe lontano". Ma forse è proprio lì che questi libri riescono davvero a condurci.

la stampa   ---- - - -


 

Leonardo merlini - 

12 gennaio 2012

Torna Bolaño, una nuova perla metaletteraria

Roberto Bolaño, forse più di qualunque altro narratore contemporaneo, è riuscito a costruire dei mondi letterari in grado di irretire il lettore con forza irresistibile, trascinandolo in un'esperienza quasi sempre memorabile. La sua morte prematura, nel 2003 mentre attendeva un trapianto al fegato, resta una delle grandi perdite per la letteratura, non solo di lingua spagnola. La fama Bolaño l'ha conosciuta per breve tempo, ma da postumo il cileno è diventato un vero e proprio fenomeno, capace di conquistare migliaia di lettori in tutto il mondo. E così questo 2012 in libreria si apre con un nuovo - se così si può dire - postumo di Bolaño, I dispiaceri del vero poliziotto, che Adelphi pubblica dopo il clamoroso 2666 e i ritrovati Amuleto e Il Terzo Reich. "E' un curiosissimo libro - ha detto Matteo Codignola di Adelphi (che in qualche modo all'ottimo Roberto somiglia pure un poco) a Kilgore - perché è in un certo senso quello che tutti vorremmo fare quando vediamo un film o leggiamo un libro che ci piace, ossia sapere che cosa è successo ai personaggi dopo quel frammento che abbiamo avuto modo di vedere, leggere o ascoltare. E Bolaño ha fatto proprio questo, in una specie di compulsione perché non riusciva probabilmente a separarsi dai suoi personaggi. Chi ha amato Amalfitano,e tutti gli altri, qui li ritrova tutti, da piccoli, da grandi, in altre storie, in altre vite, in altre situazioni. Ed è un grandissimo godimento letterario e metaletterario al tempo stesso".
La storia dei "Dispiaceri", curato anche questa volta da Ilide Carmignani, ruota dunque intorno a personaggi già noti ai lettori di Bolaño, ma anche all'ennesimo poeta irregolare, Padilla, riedizione omosessuale degli indimenticabili Belano e Lima de I detective selvaggi, l'unico grande romanzo di Bolaño pubblicato in vita. Ora siamo di fronte a un'opera incompiuta, ma che brilla dell'energia febbrile tipica delle pagine più famose del gran cileno, nonché di una struttura circolare - in un senso che sarebbe piaciuto a Borges - fatta di continui rimandi alle altre opere dello scrittore, in un viluppo che è parte integrante del fascino di ogni pagina di Bolaño. Come se ci trovassimo di fronte a un eterno ritorno, ma giustamente non è chiaro a che cosa si torni, forse alle suggestioni di quel motto di Democrito amato e ripreso dal fondatore della contemporaneità, Samuel Beckett: "Niente è più reale del niente". E niente, aggiungiamo, è più importante.
Una notizia molto importante per i lettori di Bolaño, poi, è che Adelphi ha annunciato la ripubblicazione della sua opera omnia. "Bolaño in questi anni - ha aggiunto Codignola - è diventato una delle pochissime stelle polari dei lettori e anche degli scrittori del nostro tempo, e quindi pensiamo che la riproposta della sua opera ed eventualmente di cose che ancora non sono uscite, insieme a 2666 aiuti a capire che cosa questo scrittore è stato, ma ancora è, perché è un autore del quale è abbastanza complicato parlare al passato, perché è come se fosse qui". Leggere Bolaño, dunque, per provare a dare un senso, una cartografia, forse anomala ma indubbiamente universale, al nostro tempo. "In una situazione caotica - ha concluso Codignola - come quella in cui siamo, Bolaño, insieme a Foster Wallace, a Murakami e per certi versi anche a Stieg Larsson, ha scritto libri che sono un po' il segno di questi anni. Poi, che cosa sono e perché lo sono diventati è un discorso che ci porterebbe lontano". Ma forse è proprio lì che questi libri riescono davvero a condurci.

Kilgore magazine   ---- - - -