sabato 25 dicembre 2010

Christmas' guitar playlist

guitar's  playlist  -




 

recensione di 2666

Alfonso d'Agostino -

Recensione libro 2666 di Roberto Bolano

Gli eredi degli scrittori, si sa, generalmente si distinguono per l'assoluta idiozia delle scelte: dalla pubblicazione di ricordi dell'illustre scomparso (generalmente illeggibili) alla stampa di qualsiasi cosa il compianto abbia lasciato di scritto ed inedito, fosse pure la lista di medicinali da dare al gatto.

A volte però, con una frequenza paragonabile a quella del passaggio della cometa di Halley, gli eredi ci azzeccano: Bolano non aveva immaginato di riunire le cinque parti che compongono 2666 in un unico tomo, immaginandole come entità separate. Beh, i cinque Romanzi - perchè di questo si tratta, di cinque Romanzi, e la erre maiuscola non è un errore di stampa ripetuto - sono accomunati soltanto da ambientazione messicana e periodo storico (la fine degli anni 90), ma stanno insieme di un bene che è difficile descrivere a parole se non si ha avuto la fortuna di posarci sopra le pupille. E' la stessa sensazione che hai quando apri una scatola di un puzzle e,  dopo qualche momento di puro e comprensibile scoraggiamento, cominci a azzeccare qualche combinazione: si incastrano perfettamente, con una precisione che ti appare immediatamente miracolosa.

martedì 7 dicembre 2010

Ornela Vorpsi

  Ornela Vorpsi-



"Ornela Vorpsi e Dubravka Ugresic sono le mie scrittrici preferite"
[Massimo Rizzante]

Ornela Vorpsi



Ornella Vorpsi al festival Babel del 2007 (audio)





 
©   

 

domenica 5 dicembre 2010

scuola di calore VI - altre due poesie di massimo rizzante

Massimo Rizzante - poesie 


altre due poesie della raccolta ancora inedita
  Scuola di calore











          Sorella, amante

         a Ornela

        
Sono stata sorella e amante, prostituta in erba, per anni,
         in uno dei tanti giardini del ventesimo secolo
         dove aquile ammaestrate spiccavano il volo
         quando con i tacchi evitavo le pozze di sangue.

         All’ombra di un dio materno ho scoperto la bellezza.
         Perciò la mia carne esposta al mercato del popolo
         era per il partito più che un delitto una tara:
         ah gocce di sperma lucenti come canini!

         Poi, elevata al cubo – ma con un Braque al mio fianco –
         ho disceso il piccolo inferno dei baby-doll, giù fino
         al girone dei traditori della patria, da dove non sono
         più tornata, se non con un’altra lingua per mordermi le labbra.

         Per la lumaca calpestata, non è così facile morire: la sua bava
         lascia una lunga traccia che tarda a decomporsi, e, in ogni caso,
         il giardino della letteratura non è così diverso dal reame di Albania:
         corazze immaginarie gettate in uno stagno di rospi veri.

         Meglio la palude, il Marais, i macellai kosher, gli archivi
         e i loro ratti, le checche sulle terrazze che sfogliano Vanity fair,
         i ricchi parigini seduti sulle panchine di Place des Vosges,
         il veleno cartesiano che a piccole dosi appaga i sentimenti

         Ma non tutto è perduto. Ieri, ad esempio, mi sono innamorata
         del mio dentista mentre mi devitalizzava l’ultimo molare.
         C’era silenzio, non faceva male, eppure mi sentivo penetrare:
         ah corpi non più vergini, sale d’attesa!



       

           Fog, magla

         a Dubravka

        
Quando ero jugoslava leggevo i russi,
         Mandel’stam. Più di mezzo secolo, ormai.
         L’epoca dei lupi là fuori era un fascio di infrarossi:
         “Mia cara bambina spero nei lavori forzati della memoria”

         Poi venne il collasso comunista,
         la guerra, e il consigliere Kubik traboccava di epiteti:
         sanguisuga, parassita, puttana cosmopolita.
         Così, leggendo Faulkner, da croata divenni americana

         Quando il mio primo romanzo fu pubblicato in Inghilterra,
         il dio della lingua, Marte, combatteva ancora con la forma progressiva,
         mentre nella mia casa natale, dietro la Singer, un ragazzo
         dall’erre moscia mi succhiava il seno appena pronunciato

         Qualche anno dopo saltò fuori che un collega di Princeton,
         facendosi largo tra i veli di un burka, aveva infilato
         il suo trionfante membro nella bocca di una lettrice afghana.
         Presi una posizione umana, ma mi rimandarono a casa

         I mean, alla frontiera. Rinascere non conta
         e dato che dal dolore ci salva non la morte
         ma il mutare di continente, eccomi in barca sull’Amstel
         con in mano un passaporto di Olandese volante

         Oggi dai canali di Amsterdam sale una nebbia neonata
         che, a parte un po’ di trucco, fa invecchiare in fretta, e a cui non so
         dare un nome: magla, fog, boira, nebel? La resa del mio nervo sciatico
         è incondizionata, quasi più dello specchio alla vista delle labbra



"Ornela Vorpsi e Dubravka Ugresic sono le mie scrittrici preferite"
[Massimo Rizzante]


da nazione indiana   - - - -
© Massimo Rizzante