giovedì 30 maggio 2013

Destino cieco - Un romanzetto lumpen

 Mrco Belpoliti -    31 maggio 2013


Destino cieco

Bianca è un'adolescente rimasta orfana per via dell'incidente d'auto dei genitori. Confusa, caotica, problematica, sensibile, è uno di quei personaggi borderline che Roberto Bolaño tratteggia con mano sicura, e a cui fa vivere fino in fondo il loro incontrovertibile destino in "Un romanzetto lumpen" (traduzione di Ilide Carmignani,  Ed. Adelphi, pp. 119, euro 14).

Bianca lavora come parrucchiera, il fratello in una palestra. Un giorno questi si porta a casa due amici più vecchi, che s'installano nell'appartamento. "Il bolognese" e "il libico" lavoravano nella medesima palestra: due sbandati. Si crea un quartetto improbabile con la tv come baricentro. La notte a turno i due ospiti entrano nel letto della ragazza e fanno l'amore con lei, senza che Bianca sappia bene chi sia, visto che i due si somigliano.

La storia, raccontata in prima persona dalla protagonista, ha un andamento catatonico. Quasi in trance Bianca rievoca quel momento della sua vita in cui si è smarrita, senza più trovare via d'uscita dal labirinto dei suoi atti e pensieri.
Bolaño è magistrale nel dare al racconto questo tono ipnotico, svuotando e insieme riempiendo dall'interno i suoi personaggi. Poi arriva Maciste, un campione di culturismo, attore di film di successo, diventato cieco, a suo modo anche lui un rottame. I quattro concepiscono il piano di derubarlo accedendo a una sua fantomatica cassaforte. Bianca si prostituisce con Maciste, e intanto cerca il denaro. Pian piano il rapporto con il gigante s'infittisce. Bianca è incapace di veri sentimenti, non ha stabilità emotiva; oscilla di continuo e vive, come un vero adolescente, nell'istante. Solo in questa dimensione temporale concepisce idee, sogni, immaginazioni, fantasie; per questo non distingue realtà e sogno (sogna molto e racconta i suoi sogni).

Appare insieme sentimentale e cinica, risoluta e indecisa. Non sa mai cosa vuole fare, e tuttavia agisce come se lo sapesse. Memorabile la scena in cui masturba Maciste, che vuol sapere di che colore sia il suo sperma. La ragazza è cieca come il suo amante: niente passato, niente futuro, solo un continuo presente. Alla fine, scossa da un movimento interiore si scrolla imprevedibilmente tutto di dosso. L'intuizione di un istante, che può perderla, ora invece la salva. Una scaglia di geniale narrazione scaturita da quell'immenso calderone di vite-non-vite che Bolaño si portava dentro come uno stigma.

L'Espresso     - 31 maggio 2013
© Marco Belpoliti 



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