martedì 15 settembre 2009

Il globo, la mappa, le metafore (iv / vii)

Franco Farinelli 

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Il globo, la mappa, le metafore




Il globo di legno di padre Martin Behaim
 

Quasi sicuramente Colombo ha fatto in tempo, prima di partire, a vedere il globo di legno di padre Martin Behaim, che adesso è conservato nel museo di stato di Norimberga. Padre Behaim chiamava questo globo, "der Apfel", cioè "la mela", perché era perfettamente consapevole che questo globo fosse il frutto dell'albero della scienza del bene e del male, il modello proibito, proprio perché era un aveva forma sferica. Corrispondeva cioè, come più tardi per Leibniz, al modello della conoscenza divina.

Ma c'è stato un altro tipo modernità, evidentemente, che possiamo chiamare globale, ben diversa dall'ideale spaziale, cioè cartografico, che con Colmbo s'inaugura.

Il più bel racconto di viaggio che sia mai stato scritto, anche se assolutamente non lo sembra, è L'Elogio della Follia di Erasmo. Questo testo è stato pensato, e in parte scritto, all'inizio del Cinquecento, quando Erasmo, da Bologna, tornava al di là delle Alpi, e poi è stato redatto, guarda caso, a casa di Thomas Moore, l'autore di Utopia.

Perché è un formidabile racconto di viaggio L'Elogio della follia? Perché la follia è esattamente il globo. La prima cosa che dice è,
«io non ho nomi e guai a voi se mi confondete con quei volgari oratori che, quando cominciano, dicono chi sono e cominciano a disarticolarsi, a suddividersi in parti; io non ho nomi, io rifuggo da qualsiasi disarticolazione, non conosco nessun tipo di logica che non sia data dal contesto».
La follia, se fate caso, è esattamente questo, il rifiuto di ciò che si potrebbe chiamare lo spazio, vale a dire il rifiuto dell'esistenza di una razionalità che non dipenda dal contesto, dal hic et nunc, dalla situazione, di una razionalità che sia sovralocale, sovradeterminata rispetto al momento e alla situazione. Questa follia ha anche una serie di seguaci, per così dire, una serie di illustrazioni letterarie assolutamente fantastiche.

Per esempio, una dell'espressioni letterarie davvero straordinaria della follia è Moby Dick. Che Moby Dick sia il globo, sia la sfera è testimoniato da una serie innumerevole di precisazioni da parte di Melville. Tanto per cominciare, Moby Dick ha una forma piramidale, è bianco, la sua superficie non è continua, omogenea e isotropica, ma variegata. Non ho avuto tempo di controllare, ma giocherei qualcosa sul fatto che, tornando all'Elogio, quella "morìa", cioè quella follia, detta in greco, di cui poi Erasmo si servì come gioco verbale nei confronti di Thomas Moore, abbia qualcosa a che fare con ciò che i francesi chiamano "moiré" (a me piacerebbe molto che fosse così), quel tessuto variegato e screziato le cui parti non sono isotropiche, non sono tutte voltate nella stessa direzione come accade sulla tavola, sulla carta. Lo spazio è assolutamente euclideo, continuo, omogeneo e isotropico. Moby Dick, come la follia, come il globo, non lo è. La forma di Moby Dick cambia a volte, nel corso dell'opera di Melville, e non solo, ma si proietta anche su Achab. Achab rappresenta la carta. Melville dice a un certo punto che l'intento di Achab, nella sua caccia alla balena, era folle, ma i suoi mezzi erano assolutamente razionali.

In quest'opera vi è tra l'altro un capitolo chiamato appunto "La carta", non "The map", ma "The chart", che poi è servito a Borges per quella famosa immagine di cui tanto vanno fieri i cartografi e i geografi quando hanno bisogno di dimostrare la propria umanità, ossia l'immagine di quell'uomo che passa la vita a disegnare una carta, e alla fine si accorge che non ha disegnato la carta del mondo, come credeva, ma il proprio viso. Questa immagine è tolta da Melville, dal passo in cui Achab, chiuso nel suo studiolo mentre la lampada di peltro gli oscilla sul capo, sta calcolando sulle carte, e azzecca (è molto bravo in questo, i suoi criteri sono molto razionali, non così il suo progetto), il punto dove sta per riaffiorare Moby Dick. Ecco, Achab sta facendo questo gran lavoro cartografico, cioè sta razionalizzando, cercando di imprigionare la vita all'interno di una carta, la lampada di peltro oscilla sul suo capo e proietta sprazzi di luce misti ad ombre su questa fronte corrugata: disegna come se disegnasse una carta - dice meglio Melville:

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Golem   1 giugno 2002
© Franco Farinelli


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