sabato 28 luglio 2012

Intervista Alan Pauls

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Intervista ad Alan Pauls -





 27 luglio 2012    -    Fabio Donalisio intervista Alan Pauls 

 •  "Nei dettagli vive il tempo rimosso”

In occaione della visita di Alan Pauls a Roma per la presentazione del romanzo Storia dei capelli [  Leggi estratto del libro], Fabio Donalisio de il manifesto ha realizzato questa bellissima intervista
Insomma, cosi va il inondo, caro signor Pauls,
pensai dopo la lettura numero dieci.
Lei è uno dei migliori scrittori latinoamericani viventi
e siamo in pochissimi a goderne e a rendercene conto.
Roberto Bolaño, Lo strano signor Alan Pauls
Il passato, Storia del pianto, Storia dei capelli. Nei titoli dei suoi tre libri per ora pubblicati in italiano compaiono due parole chiave: «passato» e «storia». Senza contare che Storia del pianto ha come sottotitolo, nell'edizione in spagnolo, «un testimonio». Vede la letteratura come un modo di testimoniare uno dei passati possibili?
No, non credo che la letteratura sia una vera e propria testimonianza, ma mi interessa molto la testimonianza e la sua relazione con la storia. Non cerco il passato come se fosse una verità originaria da recuperare in qualche modo, non credo sia così. Mi interessa molto di più il modo in cui noi elaboriamo il passato, come lo ricordiamo, lo deformiamo, lo inventiamo, alla fine. In tutti i miei libri ho una relazione stretta con la storia, ma non come se la storia fosse un luogo di verità. Anzi, la storia è il luogo dove la verità si falsifica, si modella, si distorce. Ed è questo che mi interessa.
In Storia dei capelli sono protagonisti gli anni '70, un periodo su cui è ritornato più volte nei suoi libri. Ci può spiegare qual è il motivo di questa scelta? 
In realtà mi sono calato negli anni '70 in questi tre libri, nelle tre Storie, ma soltanto in questi. Terminata la Storia del denaro (ultimo volume della trilogia, ancora inedito, ndr) hanno smesso di interessarmi, credo di aver chiuso con loro. È molto probabile però che loro non abbiano ancora chiuso con noi. Credo, ed è il motivo che li rende in qualche modo unici, che siano stati l'ultima epoca di passione, l'ultimo momento in cui la politica fu intesa come passione, in Argentina almeno. E mi interessano perché, anche se non sembra, si estendono fino ai giorni nostri. In Argentina molti degli uomini in posizioni di potere sono ex militanti degli anni '70. Nel presente politico, c'è oggi il ritorno di una certa retorica, di certi gesti che ricordano da vicino l'identità e anche l'antropologia di quel periodo. Il mio focus è capire come il passato si evolve, in questo caso come gli anni '70, subdolamente, si sono evoluti. Perché a pelle, è chiaro, nessun'epoca sembra più cristallizzata o inamovibile di quella. Un'epoca definitivamente perduta. Ma c'è oggi una volontà politica precisa di far tornare nel presente gli anni '70. Una operazione ambigua che mi interessa molto, come fonte letteraria.
[.....]

È celebre il suo rapporto epistolare con Roberto Bolaño. Quanto ha inciso secondo lei la sua opera letteraria sull'ultima parte del XX secolo e oltre?
Bolaño è riuscito a dire qualcosa di assolutamente notevole nell'orizzonte letterario, qualcosa che ha chiuso in maniera difinitiva il progetto del grande romanzo latinoamericano (con i Detective selvaggi , che scrisse quando si diceva che nessuno avrebbe più potuto scrivere un libro del genere). Ha chiuso, letteralmente, il secolo. Poi ne ha aperto un altro, con qualcosa di completamente inaspettato, insperato, come 2666.
Lo stesso scrittore dunque chiude una grande tradizione e ne apre un'altra che possiamo per ora solo intuire. La apre con un romanzo assurdo, stravagante come 2666 . Questo da un lato. Dall'altro credo che Bolaño abbia saputocombinare due filoni che fino a quel momento erano stati incompatibili: un certo vitalismo letterario, come quello dei beatnik, nel solco di una tradizione romantica, avventurosa, spontanea, «selvaggia»; e un modo di pensare la letteratura piuttosto intellettuale, erudito, «borgesiano». Banalizzando, potremmo dire che Bolaño ha fuso in sé la letteratura di Kerouac e Borges, due opposti sistemi letterari, due archivi culturali che fino ad allora non avevano avuto punti di contatto. C'è un terzo punto molto importante: Roberto Bolaño è riuscito a «estetizzare» la lotta politica della sinistra in America Latina negli anni '70. È riuscito a convertire un immaginario triste, sanguinolento, sconsolato in una nuova estetica romantica. I personaggi di Bolaño non sono mai guerriglieri giustiziati o militanti torturati, son sempre poeti. Come se la figura del militante, dell'utopista politico, venisse sincretizzata con quella del poeta, in qualche modo risuscitandola e sollevandola dall'oblio. Bolaño stesso fu poeta per molti anni. Non un buon poeta. Se ne rese conto e si dedicò alla narrativa convertendo però i suoi personaggi in poeti. Migrò dalla poesia in versi al mito della vita del poeta. La sua poesia, quando «passa» dentro la prosa, folgora. 



i testi di Alan Pauls sull'Archivio Bolaño :
 •  no hay obra! link interno estratto del saggio "La soluciòn Bolaño"
 •  2666 - il romanzo che viene dal futurolink interno
 •  lo scrittore insostenibile link interno tavola rotonda con Juan Villoro e Horacio Castellanos Moya
 •  intervista di Gabriella Saba link interno
 •  Sulla poesia di Bolaño link interno frammento di un'intervista con Vivi Tellas, giugno 2009
 •  intervista di F. Donalisio link interno 'Nei dettagli vive il tempo rimosso' luglio 2012 
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