lunedì 1 novembre 2010

QUANDO LA LETTERATURA SERVE DA AUTODIFESA

  Intervista di Javier Rodríguez Marcos 


Alberto Manguel

Sulla scrivania di Alberto Manguel si vede in bella mostra una fila di quadernetti tutti uguali, un centinaio, tanti quanti sono i canti della Divina Commedia. Ogni giorno dalle sei alle sette di mattina lo scrittore argentino legge un canto e annota in uno di questi taccuini le sue impressioni. Poi fa colazione. «Dante lo tengo per me», spiega. Cioè non sta preparando un saggio sul poeta toscano. «Sa quel che continua a sbalordirmi? Che un tale libro sia venuto fuori da una sola testa».


Sbalordisce anche che la vita di Alberto Manguel – di cui è appena uscita l’edizione spagnola del suo ultimo libro, La ciudad de las palabras (RBA), che riunisce cinque conferenze sul valore della finzione letteraria come monito contro le trappole dell’identità e le menzogne della propaganda – sia quella di una stessa persona. È nato a Buenos Aires nel 1948 ma è cresciuto in Israele, dove suo padre era diplomatico. Lì ha imparato il tedesco e l’inglese, la lingua in cui scrive, ancor prima dello spagnolo. Dopo aver passato l’adolescenza in Argentina – dove è stato lettore di un Borges ormai cieco – ha fatto l’editore a Londra, Parigi, Milano e Tahiti. Oggi è cittadino canadese ma vive a Mondion, un villaggio a un’ora da Poitiers, in Francia. Lì, in un antico presbiterio attiguo a una chiesa del XII secolo, da una decina d’anni ha sistemato i 35.000 volumi della sua biblioteca.

Una storia della lettura (Mondadori, 1997) è l’opera che ha consacrato Manguel, che in questi giorni sta lavorando ad una bozza per il libretto di un’opera su musiche di Osvaldo Golijov, che verrà messa in scena al Metropolitan di New York nel 2014.

Lo incontriamo nel suo giardino, dove lo scrittore ci dimostra che vive appartato, ma non isolato. Ammette che questo è il suo libro più politico.

«Beckett diceva che, in quanto straniero in Francia, non aveva il diritto di esprimere opinioni politiche. Io ho meno pazienza di lui, e qui l’ingiustizia è quotidiana: si può togliere la nazionalità a chi ha commesso un delitto, come una forma di castigo contro gli stranieri. Una cosa come il Ministero dell’Identità Nazionale e dell’Immigrazione l’avrebbe potuta creare Goebbels».

Nel suo nuovo libro, Manguel svela la dimensione politica contenuta in ogni opera letteraria, per asettica che possa apparire.

«La scelta delle storie che utilizziamo per rappresentarci non è mai innocente. In Argentina l’epopea nazionale è il Martín Fierro: la storia di un disertore che si oppone alle leggi del Governo, un individuo che si trova costretto a lasciare la famiglia e il cui sentimento più importante è l’amicizia. Lì non c’è fiducia nella legge, e i mezzi per ottenere una certa giustizia personale sono giustificati. Di sicuro non potrebbe essere l’epopea nazionale svizzera».

Ma The City of Wordsnon è un libro ancorato al passato. Vuole piuttosto misurarsi con le sfide del presente, che per il suo autore sono due: l’elogio della facilità e la negazione dell’intelligenza.


«Viviamo in un’epoca in cui valori come brevità, superficialità, rapidità e semplicità sono assoluti. Non lo erano mai stati prima. I valori che fino ad ora la nostra civiltà aveva sviluppato erano piuttosto la difficoltà (per imparare ad affrontare i problemi), la lentezza (per riflettere e non agire impulsivamente) e la profondità (per saper andare a fondo a un problema). A voler prescindere da questi valori si ottengono solo reazioni banali facilmente manipolabili».

Il vero pericolo, secondo Manguel, arriva a toccare lo stesso sviluppo umano.


«Il potere di riflettere e di immaginare è proprio ciò che ci definisce come specie. Stiamo trasformando le scuole in centri di addestramento: hanno smesso infatti di essere luoghi in cui l’immaginazione è sviluppata gratuitamente, per la sola ragione di svilupparla, ed esigiamo che l’educazione renda conto dei suoi risultati. La ministra francese delle Finanze l’ha messo ben in chiaro: bisogna pensare meno e lavorare di più. Si tratta di creare schiavi consumatori: nessuno che pensi per due minuti di fila può comprare dei jeans strappati a 300 euro».

E la cosa peggiore è che, per di più, molti hanno finito per credere alla loro stessa propaganda.

«Si disprezza l’intelligenza della gente dicendo che è incapace di affrontare un libro complesso. Il risultato è che nella UE molti autori di letteratura sono costretti a pubblicare con case editrici universitarie»,

dice Manguel. Lo studioso mette in guardia anche contro certa recente letteratura – indica un nome: David Foster Wallace – cresciuta a pop art, e che considera un valore ciò che tradizionalmente era oggetto di critica:

«Ciò che accade in letteratura non è separabile dalla politica o dall’economia. Guardiamo il modello del supermercato: oggetti di consumo spesso inutili o usa e getta. Ed è pericoloso cercare valori lì dentro perché in tal modo si eludono i livelli di lettura di un’autentica opera d’arte. Ci dicono: manteniamoci alla superficie delle cose, ammiriamo l’eleganza di un’uniforme militare».

L’autore di Una storia della lettura sostiene poi che è ancora presto per scrivere un capitolo sul libro elettronico:

«Quando questa tecnologia avrà il suo utilizzo specifico e i suoi creatori, allora se ne potrà scrivere». Tuttavia è ben cosciente che la familiarità con il libro di carta ha molto dell’abitudine, «come chi continua a usare delle vecchie ciabatte perché sono comode».

Lui non ha un lettore per e-book, ma capisce che altri lo usino.

«Mi domando però se possono fare con un libro elettronico le stesse cose che faccio io con uno di carta».

Per dimostrare che non ha problemi con il mondo contemporaneo, ma solo con alcuni dei suoi apostoli, Manguel snocciola una lista di scrittori che si possono leggere «accanto a Stevenson o a San Juan de la Cruz»: Cees Nooteboom, Kadaré, Anne Carson e “buona parte” dell’opera di Ian McEwan. Niente male, se ad aprire la fila c’è Dante alle sei di mattina.

sagarana   - - - -
©  (Tratto da El País on-line. Traduzione di Angela Masotti.)

 bibliografia
 Il ritorno  , 2010, Nottetempo,
Tutti gli uomini sono bugiardi, 2010, Feltrinelli,     
L'amante puntiglioso, 2009, Nottetempo
Il libro degli elogi, 2009, Archinto
Una storia della lettura, 2009, Feltrinelli
Al tavolo del Cappellaio matto, 2008, Archinto
La biblioteca di notte, 2007, Archinto
Omero. Iliade e Odissea. Una biografia2007, Newton Compton
Stevenson sotto le palme, 2007, Nottetempo
Diario di un lettore, 2006, Archinto
Il computer di sant'Agostino e altri saggi, 2005, Archinto
Con Borges Contenuto, 2005, Adelphi


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