venerdì 5 novembre 2010

Una esistenza nomade sotto il segno dei libri

  intervista ad  Alberto Manguel  di Luca Ricci


Una esistenza nomade sotto il segno dei libri


Se c’è uno scrittore per il quale ha senso usare il trito aggettivo «multiforme», questo è Alberto Manguel. Saggista, romanziere, autore teatrale, giornalista, traduttore e infine (ma certo non per ultimo) accanito lettore, Manguel ha al suo attivo una sterminata produzione che passa attraverso le lingue: l’inglese, «la prima lingua con la quale ho imparato a nominare le cose»,ma anche lo spagnolo e il francese. Lo abbiamo incontrato nel corso di una sua recente visita in Italia, dove era venuto per presentare il suo ultimo romanzo pubblicato da noi, Tutti gli uomini sono bugiardi (Feltrinelli 2010), la storia di un giornalista che, sullo sfondo delle dittature argentina e franchista, cerca di far luce sulla misteriosa morte di uno scrittore e, per farlo, si avvale delle rievocazioni di chi lo aveva conosciuto in vita. Ne emergeranno ritratti completamente differenti della stessa persona, come diverse traduzioni dello stesso soggetto.

Proprio alla traduzione si fa riferimento in un passaggio di Tutti gli uomini sono bugiardi, dove uno dei personaggi la paragona all’innamoramento. Ci può spiegare come nasce questo singolare accostamento?

Il fatto è che quando si traduce ci si appropria del testo originario, così come quando ci si innamora di qualcuno si re-immagina quella persona in base al proprio vocabolario. La persona che si ama è, in questo senso, una finzione, una fantasia, che coincide solo in parte con la persona reale.


Nel romanzo il protagonista viene ricordato in modi differenti da chi lo aveva conosciuto in vita. Come spiega divergenze tanto profonde nella rievocazione di una stessa persona?

Molti ritratti di una stessa persona emergono dai ricordi di coloro che la rievocano. Noi inventiamo quando ricordiamo: selezioniamo, censuriamo, immaginiamo ciò che forse non è mai accaduto. Questo non significa che i nostri ricordi non siano veri ma solo che non sono completi. Ogni ricordo è un’approssimazione

Come è nata la passione per la lettura, che segna tutta la sua opera?

La lettura e la scrittura sono le mie grandi passioni e occupano per intero la mia giornata. Tutte le mattinemi alzo molto presto per leggere un canto della Divina Commedia, in italiano. E non è una scelta casuale, ma dettata dal fatto che considero Dante il più grande autore di tutti i tempi, perché è un cosmos laddove gli altri autori, inclusiOmero e Shakespeare, sono mondi. Del resto, cominciai a leggere molto presto. Devo aver avuto tre o quattro anni quando mi accorsi che ero in grado di leggere, una scoperta grazie alla quale intuii che avevo a disposizione qualcosa dimagico e che potevo fare in modo che i libri mi parlassero.Da bambino viaggiavo molto perché mio padre era nel servizio diplomatico e non riuscivo a sentirmi a casa nei differenti alloggi che occupavamo. Così, notte dopo notte, sentivo che la mia vera casa era nei libri che portavo con me, dove la stessa storia, con le stesse illustrazioni, era lì ad aspettarmi quando andavo a letto. Da allora la mia esperienza del mondo mi giunse prima di tutto tramite i libri. Quando accadeva qualcosa di nuovo nellamia vita, sentivo che un libro mi aveva già dato le parole per nominarla.

Il suo amore per i libri le ha dato l’opportunità di fare un incontro del tutto eccezionale: da ragazzo, lavorando come commesso in una libreria, conobbe Jorge Luis Borges e divenne il suo lettore. Quali conseguenze ha avuto su di lei quell’incontro?

Era la metà degli anni ’60, io avevo quindici anni e lavoravo alla libreria anglo-tedesca di Buenos Aires, Borges era un autore che studiavamo a scuola, un vecchio uomo diventato cieco dopo i cinquant’annimache continuava a comprare libri chiedendo ad altri di leggerli per lui. Mi propose di fare il lettore a casa sua e io accettai per curiosità. Svolsi quel compito per tre anni ma solo molto tempo dopo capii quale privilegio fosse stato ascoltare i commenti su differenti libri del più grande lettore del ventesimo secolo. Oggi ammiro infinitamente Borges come scrittore e lettore ma cerco di evitare la sua influenza. La voce di Borges è come quei motivetti che ti seguono per tutto il giorno una volta che li hai ascoltati, tanto che, se leggo Borges prima di iniziare a scrivere, scrivo brutte parodie di Borges. Borges stesso ha definito la differenza tra lettura e scrittura: «un lettore legge ciò che vuole», disse, «uno scrittore scrive ciò che può».

Lei ha viaggiato molto, è cresciuto in un ambiente multilingue e oggi parla correntemente almeno quattro lingue. In che modo questi elementi della sua biografia hanno influito sulla sua scrittura?

Avere viaggiatomolto non ha inciso particolarmente sulla mia scrittura, o almeno non più di altre circostanze della mia vita. Per contro, sono stato fortunato ad avere avuto l’opportunità di muovermi da una lingua all’altra. Ciò significa anche che lemie lingue si influenzano a vicenda; le mie prime lingue, l’inglese e il tedesco, influenzano il mio spagnolo, che imparai dall’età di otto anni, il mio francese e il mio (cattivo) italiano. Le lingue ci impongono non solo il modo in cui dire qualcosama anche che cosa noi diciamo: la lingua dà forma al nostro pensiero e al nostro senso d’identità.

il manifesto   2 novembre 2010


bibliografia
 Il ritorno  , 2010, Nottetempo,
Tutti gli uomini sono bugiardi, 2010, Feltrinelli,     
L'amante puntiglioso, 2009, Nottetempo
Il libro degli elogi, 2009, Archinto
Una storia della lettura, 2009, Feltrinelli
Al tavolo del Cappellaio matto, 2008, Archinto
La biblioteca di notte, 2007, Archinto
Omero. Iliade e Odissea. Una biografia2007, Newton Compton
Stevenson sotto le palme, 2007, Nottetempo
Diario di un lettore, 2006, Archinto
Il computer di sant'Agostino e altri saggi, 2005, Archinto
Con Borges Contenuto, 2005, Adelphi
  

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