Vincenzo Aiello-
il rumore del vento
Ho scoperto da relativamente poco il Roberto Bolano, questo autore cileno – morto cinquantenne a Barcellona – e vissuto soprattutto – come si arguisce dalle sue opere – in Messico. Per tante ragioni – morte prematura, biografia non ancora sistematizzata – è destinato, secondo i più avvertiti, a divenire oggetto di culto, a mo’ del già citato e lodato Stieg Larsson, che ha condiviso con lui un percorso di esplosione in libreria post mortem. Dalla lettura di “Amuleto” e “2666” che l’ottima Adelphi nella traduzione sempre viva della Ilide Carmignani ha approntato – a gennaio già si annuncia un altro tomo del nostro – mi sono fatto persuaso che ci troviamo di fronte ad un grande narratore di storie civili.
Un orologiaio che plasma cronaca, visione ed una rabdomantica raccolta delle storie occulte che il potere positivo ci propone, con i fili di una ipertestuale immaginazione di verità. Ben vengano i lettori di Bolano ma non si faccia di questo uomo attento agli altri ed alla realtà l’ennesima figurina da giocarsi nell’infinito mercato globale, perché quello che ha dimostrato nella sue opere è l’esatto contrario: questa realtà è “un magnaccia drogato” che produce misoginia, distruzione del vero, protezione del forte e di chi produce soldi in maniera illecita e contro l’Uomo.
Vincenzo Aiello
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