Michele de Mieri -
La leggenda, il gossip e l’arte
La verità su Roberto Bolaño
Forse è davvero giunto il momento di dire basta all’uso strumentale dell’eredità di uno dei massimi scrittori di questi anni. Forse è davvero l’ora di leggere i suoi libri piuttosto che appassionarsi a gossip editoriali, a presunte verità scomode sulla vita di questo autore che, almeno in Italia, fu ignorato in vita mentre uscivano i suoi romanzi, tanti, da Sellerio. Roberto Bolaño, di cui ora le pagine culturali dei due maggiori quotidiani italiani abusano per logiche di controversialità e di eventizzazione, è uno scrittore che va letto anziché sbandierato per la sua morte prematura e per il successo postumo (verità poi parziale perché al momento della sua morte, nel 2003,
Bolaño era già una leggenda per una generazione di autori sudamericani e aveva vinto con I detective selvaggi i maggiori premi di area ispanica). C’è qualcosa che infastidisce, e che soprattutto non gioca a favore del lettore, ogni volta che evocandounfavoloso lascito si ipotizzano chissà quali capolavori, chissà quali sorprese dalle carte finite dalla fine del 2008 al mediatico agente Andrew Wylie.
Bolaño, siamo pronti a scommettere, non ha lasciato altri Stella distante, né Notturno cileno, né Puttane assassine e via dicendo. Lo stesso penta romanzo 2666 - che segna da noi il passaggio presso Adelphi - fu del tutto rivisto e approvato cosi come poi l’abbiamo letto; ora con molti dei recensori che si capisce bene che non l’hanno per niente letto (peggio ancora va con I detective) è triste assistere ad una sorta di frenesia per presunte parti seste e settime.
L’effetto «caso Bolaño» «mito Bolaño» «ciclone Bolaño» si va ripetendo ora anche con l’uscita di Il Terzo Reich (Adelphi, traduzione di Ilide Carmignani, pp.325, €20), un romanzoper bolañistas di lungo corso visto che si tratta di un libro del primo Bolaño e che l’autore non vollemai pubblicare in vita. Non è il primo romanzo in assoluto che fu invece Anversa, scritto nell’80 e pubblicato con prefazione dell’autore nel 2002, a cui seguirono, nel 1981 Monsieur Pain e nel 1984, Consigli di un discepolo di Jim Morrison a un fanatico di Joyce, scritto insieme all’amico Antoni García Porta (tutti disponibili da anni al lettore non eventizzato). Tutto questo sta a dimostrare che il cantiere di Bolaño, prima che emergesse pubblicamente come narratore, intorno ai quarant’anni dell’autore, era molto attivo e incasinato. Il Terzo Reich è un testo a cui Bolaño lavorò nell’estate 1989, quindi sempre quando ancora l’autore non aveva pubblicamente esordito, e per oltre vent’anni è stato confinato nell’archivio, solo una sessantina di pagine furono trasferite al computer dallo scrittore.
TRE QUARTI E UN QUARTO Oggi nel giudicare questo romanzo, per tre quarti sicuramente delineato e lavorato mentre corre per l’ultima parte troppo repentinamente verso l’epilogo, si devono tener conto di alcuni fattori: un severo Bolaño ne parlò ad un suo amico giornalista, intorno al 2001, come di «una merda insalvabile», e sicuramente l’autore, in quel momento già celebre e consapevole del suo peso letterario, fu troppo sbrigativo nel giudizio visto che pure pubblicò testi minori come Un romanzetto canaglia. Dall’altro lato questo sospeso thriller senza soluzione è già un buon anticipo di alcuni dei temi e delle atmosfere che troveranno una più felice soluzione nelle opere degli anni Novanta.
Bolaño sceglie una cittadina della Catalogna, molto simile alla sua Blanes dove si era ritirato venendo via da Barcellona, per mettere in scena il racconto della fine di un’estate (e di molto altro) e che presto si impregna di un’atmosfera surreale e sempre in bilico tra unincubo e una paura di difficile decifrazione. UdoBerger èunventicinquenne tedesco arrivato in Costa Brava con la sua ragazza, tiene un diario di questi giorni: è il libro che noi leggiamo, per esercitarsi «ella prosa perché in futuro espressioni inadeguate o una sintassi zoppicante non screditino le scoperte contenute nei miei articoli». I due conoscono presto un’altra giovane coppia sempre tedesca e cominciano a frequentare insieme alcuni loschi individui locali: Il Lupo, l’Agnello e il Bruciato. I misteri che la storia man mano allestisce: fra tutte la scomparsa di Karl (componente della coppia tedesca incontrata), il riferimento ad una possibile violenza carnale mai accertata e il clima misterioso che circonda una stanza dell’albergo dove Udo e Ingeborg alloggiano fanno del libro un tipico schema sempre al lavoro nelle opere di Bolaño: stanze chiuse, persone scomparse, un meccanismo claustrofobico che pervade persino uno spazio aperto per eccellenza come la spiaggia.
Dal presente ma forse ancor più dal passato possono arrivare chissà quali minacce e chissà, sembra dirci Bolaño, se la battaglia che Udo sta combattendo in camera, su una cartina dell’Europa, è solo un wargame, di cui il tedesco èuncampione, oppure un sinistro modello in scala di un male che potrebbe ripetersi? La storia della Seconda Guerra Mondiale e quella del nazismo sono state due passioni costanti di Bolaño: dal falso manuale di La letteratura nazista in America alla quinta parte di 2666 sono temi che ritornano e che in questo romanzo fanno le prove su un tavolo da gioco, come nell’ossessione candida e sinistra che Udo ha per i generali del Terzo Reich, paragonati ai grandi scrittori tedeschi, e nella sfida che il misterioso Bruciato decide di affrontare per fermare le avanzate dei nazisti sulla cartina dispiegata in una stanza. Come comincia il Male? C’è un suo luogo di passaggio? Sono questiunpo’ i temi diunromanzo troppo severamente giudicato dal suo autore che in quel periodo leggeva, racconta lui stesso, romanzi di genere fra noir e fantascienza. Anche Il Terzo Reich, come molti dei libri scritti negli anni ‘80, racconta della fase avanzata di incubazione creativa che permetterà poi, nel volgere di un decennio, il dispiegarsi del meglio dell’opera di Bolaño, di quei testi che sono a disposizione dei lettori, meravigliosi e cupi, geniali e poetici, senza che necessariamente si aspetti ogni giorno unnuovo inedito, senza che si faccia gossip senza letteratura.
20 gennaio 2011
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