sabato 29 gennaio 2011

inquietante immersione nelle radici del male

  Emily Barnett

28 gennaio 2011

 




Roberto Bolaño, Il terzo Reich
Adelphi, 325 pagine, 20,00 euro


Dal 2003, l’anno della sua morte, i romanzi postumi di Roberto Bolaño arrivano con la regolarità di un metronomo. I detective selvaggi e 2666 hanno finito per consolidare la fama dell’autore nel firmamento degli scrittori latinoamericani.

Accanto a queste odissee rock e poetiche, sorta di corse temporali e geografiche, Il terzo Reich, rappresenta un’opera di gioventù. Definizione singolare, visto che lo scrittore cileno non ha scritto nulla di significativo prima dei quarant’anni.

Scritto nel 1989, questo libro è un’inquietante immersione nelle radici del male, che prende la forma di un innocente diario di vacanza. Un giovane turista di origine tedesca, Udo Berger, racconta l’estate passata in Costa Brava con la fidanzata.

Quando non è in spiaggia, in discoteca, nei bar o a mollo, il protagonista, a porte chiuse, si dedica alla sua vera passione, i war game o giochi di guerra, con nomi meravigliosamente evocativi (The next war in Europe o, appunto, Il terzo Reich). Così durante l’estate, Udo rigiocherà le varie fasi dell’offensiva tedesca fra il 1939 e il 1945, realizzando un simpatico caso di revisionismo storico.

Con il finire dell’estate altri personaggi saranno coinvolti in questa strana attività: il Lupo, l’Agnello e il Bruciato, inquietanti personaggi locali che diventano i protagonisti di questo romanzo fuori dal tempo.
Strada facendo, Bolaño ha creato un paesaggio sempre più lunare, in cui un piccolo gruppo di adulti si ritrova a giocare alla guerra come dei bambini. Gli interrogativi sollevati dallo scrittore cileno riguardano gli aspetti primitivi dell’uomo: la pulsione aggressiva fa parte integrante di noi?

La guerra ha bisogno di un sostituto che funzioni come catarsi? Interrogare le origini del male, le pulsioni dell’uomo, sono gli elementi alla base della successiva opera di Bolaño. Gli stessi che in Notturno cileno o in Stella distante ritroveremo applicati alle dittature sudamericane, a cominciare da quella di Pinochet.
Nel 1989 lo scrittore esiliato in Spagna si è limitato ad abbozzare gli embrioni delle gigantesche riflessioni letterarie che sarebbero seguite. Il suo Terzo Reich è una critica ante litteram della violenza virtuale dei videogiochi e della sua rappresentazione eccessiva attraverso la tv e internet, di cui ancora oggi ci chiediamo se può essere legittimata come valvola di sfogo o se invece è un’istigazione all’aggressività.

Altrettanti enigmi che, in questo blitz­krieg di terz’ordine, assumono una luce lattiginosa da fine del mondo.

Emily Barnett, Les Inrockuptibles

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