martedì 22 febbraio 2011

Giocando sulla sabbia al castello (di Kafka) - Il terzo reich

Francesco Frisari

22 febbraio 2011

Il giovane Udo Berger va in vacanza in Costa Brava, tornando nell'hotel delle villeggiature d'infanzia con l'altrettanto giovane fidanzata Ingrid; ha con sé un gioco strategico da tavola, il wargame Terzo Reich, che dispone con mappe e pedine in un apposito grande tavolo nella propria stanza. Tiene un diario, affinando la scrittura in vista di un articolo in cui illustrare una strategia perfetta per il gioco, di cui è affermato campione; racconta così i giorni che si susseguono, il sole e i bagni, la conoscenza con una coppia di turisti tedeschi, Hanna e Charly, così come l'incontro con degli spiantati locali, le bevute e le serate in discoteca tutti insieme. Fra feste, nuotate e tutti i contorni di una vacanza balneare qualcosa aleggia in quei giorni, nelle risse che sembrano poter sempre scoppiare nei locali, nel bambinesco e violento rapporto fra Charly e Hanna, negli sguardi lubrici e feroci degli amici spagnoli, il Lupo e l'Agnello (!), verso le due donne e, soprattutto, nell'inquietudine generale del protagonista sospeso fra il mare e il suo gioco. Forse si sente arrivare una tragedia, ma per molta parte del libro nulla davvero succede, se non sogni di morte o l'attrazione di Udo verso Frau Else, la proprietaria dell'albergo di cui si era invaghito già da adolescente, che pure rimane sospesa fra avvicinamenti e respinte. Quel che domina è un mistero soffuso, che s'incarna nel rapporto che il protagonista cerca con il Bruciato, un bagnino sfigurato, dalla pelle ustionata e dalle poche parole, che dorme in un riparo formato dagli stessi pattini che affitta di giorno, un castello approntato ogni sera e disfatto al mattino.

In effetti accade poi qualcosa: una disgrazia, più che la tragedia allusa, che nel realizzarsi sembra non avere più molto peso o realtà, arrivando a trascolorare nell'estate che sta finendo, nei rapporti sempre più fantasmatici e insteriliti fra i personaggi. Proprio nella progressiva rottura della cornice balneare, l'arrivo del mese di settembre e il paese e l'hotel che si svuotano, il racconto inizia a confidare il suo segreto, senza rivelarlo mai tutto, e ci mostra come Udo in questa vacanza, in questo vuoto popolatissimo, si perda, rimanga solo, partita Ingrid, ben oltre il previsto, e s'impantani, come smarrito in un lunapark fatiscente o nel vuoto di una casa di specchi. È incapace di far altro che giocare al Terzo Reich, lui i tedeschi e il Bruciato gli alleati. Una partita folle perché non si capisce cosa e chi ci sia in gioco, anche se ogni giorno diventa più chiaro che Udo debba temere per la propria stessa vita. La sfida travolge infatti tutto, diviene spasmo e ossessione, elenco di generali nazisti e delle loro virtù belliche: il male - riuscirà a far vincere finalmente l'Asse? - messo dentro una scatola e un manuale, poi dispiegato su una mappa del mondo, messa dentro una camera d'albergo fuori stagione, che diventa sempre più desolata, sporca e infestata dal gioco e dalle sue regole.

Nei libri di Roberto Bolaño, l'autore di Terzo Reich - il romanzo che racconta questa storia, non il gioco - si cerca sempre, noi quanto i personaggi, qualcosa e qualcuno: sono libri d'investigazioni e investigatori, fughe e ricerche di poeti, assassini, in qualche caso di poeti assassini (2666, Detective Selvaggi, Stella distante, Pista di ghiaccio). Qui invece non c'è giallo né noir, il colore è ancora più sottile e insieme torbido - poco sole, poi foschia estiva, prime piogge e all'orizzonte un mare quasi sempre indicibile - come sottile è il lavoro che tiene insieme stallo, attesa e accadimenti e li avvolge tutti in una bolla infiammata che è lo stesso gioco. Udo (si) perde nel e al gioco, in ciò che più gli dovrebbe permettere di ritrovarsi - ricordiamo che è prima di tutto un giocatore - in questa strana impasse di una vacanza sempre più svuotata. Invece proprio questo territorio di pedine, regole, strategie perfette - Bolaño sa di quel che parla: era un appassionato di wargame e, se il verbo non fosse un po' inquietante in un simile contesto, anche di nazismo - aumenta la follia di tutta la sua esperienza e ne rivela una condizione diversa, non solo quella della perdita di sé ma anche del parallelo e altrettanto folle tentativo di recuperarsi evocando - e padroneggiando - una realtà che resiste a qualunque tentativo di irreggimentazione, che non si fa ridurre a un semplice gioco ma arriva a imporsi come unica, travolgendo ogni limite.

Il Terzo Reich è un libro postumo, scritto nel 1989. Bolaño, scomparso nel 2003 a 50 anni, prima di morire aveva cominciato a riportarlo e correggerlo sul computer, senza riuscire a terminare. L'incompletezza di questo strano e bellissimo libro - in alcune parti si sente forse una scrittura meno ricca e poetica rispetto ad altre opere - il nostro stesso pensarlo incompleto aggiunge qualcosa alla sua lettura, dà un ulteriore senso al suo non raggiungere mai un cuore della tenebra, anche quando ci fa entrare nel castello del Bruciato - l'atmosfera è kafkiana - che di capitolo in capitolo si cerca di immaginare, quasi sfidati dall'idea di una fortezza di pattini, e che, una volta dentro, si rivela invece poco luminoso, desolato e ordinario, ma non per questo, come il libro tutto, meno attraente e pericoloso.

Uisp Nr 13   - - -


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