Marco Belpoliti -
La vita è un wargame
l'espresso 11 febbraio 2011Scritto nel 1989, a ridosso della caduta del Muro, "Il Terzo Reich" di Roberto Bolaño (traduzione di Ilide Carmignani, Adelphi, pp. 324, e 20) ha come protagonista un giovane tedesco, un giocatore di wargame. Il diario scritto da lui, Udo Berger, ci racconta quello che accade in una località di mare della Costa Brava, dove il ragazzo si è recato con la fidanzata, e dove continua il suo gioco bellico nella propria stanza. Uto e Ingeborg incontrano una coppia di connazionali, Charly e Hanna, con cui stringono un rapporto fatto di serate al ristorante, bevute, locali da ballo. Tutto nel racconto in prima persona è sospeso in una atmosfera malata, da un lato perversa e dall'altra connotata da un'assoluta ingenuità.
A fare da baricentro tra le due coppie è la padrona dell'albergo, Frau Else, una donna tedesca che egli conosce da tempo. Uto desidera Frau Else, la quale lo lusinga senza mai concedersi. Un intreccio di relazioni che noi osserviamo attraverso il punto di vista del narratore. La vicenda evolve verso un epilogo straniante.
"Il Terzo Reich" è stato scritto da Bolaño e mai terminato, tuttavia a leggerlo appare, salvo alcuni passaggi, un testo completo, inquietante e strano: a tratti ricorda "Il castello" di Kafka, e anche "La difesa di Luzin" di Nabokov. Uto è uno dei "falliti" che popolano le pagine di Bolaño, il cui stigma appare una giovinezza incipiente ma già conclusa. Lo scrittore cileno è totalmente assorbito dal confronto con il Male, con le sue metamorfosi, con la presenza di una sorta di peccato originale che decide della vita dei suoi personaggi, un disturbo fisico e insieme morale, che s'insinua sulla superficie dei suoi romanzi. Il male, ci dice Bolaño, non abita più la profondità dell'animo umano; è del tutto rovesciato all'infuori, come la mappa invisibile del gioco di guerra, chiamato "Terzo Reich", su cui si chinano Uto e il suo avversario.
l'espresso -
Nessun commento:
Posta un commento