Gabriel Savater - poesie
LA PLATJA
El sol se l’ha menjat. Anava sola,
descalça com la mar, vestida com
la mar, amb brusa blanca i slacks verds,
i era rossa com l’aire, lluminosa
com el lleó de fúria total.
Se’ns l’ha menjat. Fem-nos canilla d’ira.
Tallem el vent de llauna amb la cisalla
dels udols llargs. Esgarrapem la sorra.
Lladruquegem la mar, la disfressada.
LA SPIAGGIA
Il sole se l’è mangiata. Andava sola,
scalza come il mare, vestita come
il mare, camicetta bianca e slacks verdi,
era bionda come l’aria, luminosa
come un leone preso da una furia totale.
Ce l’ha mangiata. Diventiamo ira di muta canina.
Tagliamo il vento di latta con cesoie
dai lunghi ululati. Graffiamo la sabbia.
Latriamo al mare, questo travestito.
A TRAVÉS DELS TEMPERAMENTS
Uns pins massa sensibles es revinclen
deixant sentir com se saben patètics
mentre compleixen aquest deure líric
d’expressió del vent, que arriba net.
Les arrels cruixen sordes, i les branques
exulten de dolor, per proclamar
que és greu que bufi l’esperit. El vent,
quan surt del bosc, va tot podrit de queixes.
ATTRAVERSO I TEMPERAMENTI
Alcuni pini troppo sensibili si contorcono
lasciando intendere come si sentano patetici
mentre compiono questo dovere lirico
di esprimere il vento, che pure giunge limpido.
Le radici scricchiolano sorde, e i rami
esultano di dolore per proclamare
che è grave che soffi lo spirito. Il vento,
quando esce dal bosco, è tutto marcio di lamenti.
MECÀNICA TERRESTRE
Veus, és aixi que tot pot començar.
Després, el més profund. Ara projecta
les figures senzilles, els acords
i els contrasts, les anades cauteloses
i les vingudes ràpides, els gestos
que no s’amaguen a ningú. Ja ho veus,
ara tan bé com qualsevol moment.
Ets a una plaça amb cases a mig fer,
com magranes badades, que deslliuren
granets de cel envidreït. Els vells
recullen llum com ningú, a les mans
de cera que no es fon, plàcida. Els joves
surten embriagats del cine heroic
i llencen cigarrets a terra, durs
com la pedra que vol clavar un ocell.
Al cafè no del tot luxós, un home
que va pels cinquanta anys i és moll però
vehement, com un drap de barberia,
no sap si prefereix d’oferir foc
ell mateix, a la noia que ho espera,
o d’enviar-hi, humiliant-lo, el mosso
sorneguer, que li espia l’avidesa.
Un aneguet femení, amb una ratlla
de mercromina al turmell dolç on no
trobaràs cap ferida, va corrent
per nua passió, car no té pressa
i vol que ho sapiguem, i riu als vidres
de cada aparador. Ja ho veus. Un món.
Un instant d’un capvespre, has vist els cossos
i les distàncies. Ara calcula
les masses, les libracions dels cors—
MECCANICA TERRESTRE
Vedi, è così che tutto può cominciare.
Quel che è più profondo verrà dopo. Ora proietta
le figure semplici, gli accordi
e i contrasti, le andate prudenti
e le rapide venute, i gesti
che non si nascondono a nessuno. Lo vedi
tanto bene ora come in qualsiasi altro momento.
Sei in una piazza con case costruite per metà,
come melograne spaccate che dispensano
granelli di cielo invetrato. Come nessuno
i vecchi raccolgono luce nelle loro mani
di cera docile che non si fonde. I giovani
escono ebbri da un film eroico
e gettano a terra sigarette dure
come la pietra che vuol colpire un uccello.
In un bar non proprio di lusso, un uomo
sulla cinquantina, tenero ma
violento come un panno da barbiere,
non sa se preferisce offrire lui stesso del fuoco
alla ragazza che se lo aspetta,
o inviarle, umiliandolo, il garzone beffardo
che spia il suo desiderio.
Un anatroccolo femmina, con una striscia
di mercromina alla caviglia dolce,
dove non troverai nessuna ferita, razzola
per nuda passione, poiché non ha fretta
e vuole che lo sappiamo, e ride ai cristalli
di ogni vetrina. Già lo vedi. Un mondo.
In un solo istante all’imbrunire hai visto corpi
e distanze. Ora calcola
le masse, le oscillazioni dei cuori…
ÍDOLS
Aleshores, quan jèiem
abraçats davant la finestra
oberta al pendís d’oliveres (dues
llavors nues dins un fruit que l’estiu
ha badat violent, i que s’omple
d’aire) no teníem records. Érem
el record que tenim ara. Érem
aquesta imatge. Els ídols de nosaltres,
per la submisa fe de després.
IDOLI
Allora, quando stavamo distesi e
abbracciati davanti alla finestra
aperta sul pendio degli ulivi (due
semi nudi dentro un frutto che l’estate
ha spaccato con violenza e che si riempie
di aria) non avevamo ricordi. Eravamo
il ricordo che abbiamo ora. Eravamo
questa immagine. Gli idoli di noi stessi,
per la sottomessa fede del dopo.
© Gabriel Ferrater
Curruculun Vitae di Gabriel Ferrater
e come dice il critico "fanno parte di Curriculum vitae Poesie 1960-1968, traduzione, nota e cura di Pietro U. Dini con una Evocazione di Jaime Salinas. Il volume, in uscita (....) nella collana Biblioteca di poesia (Il Metauro), è la prima antologia in italiano di Gabriel Ferrater."
un sito in lingua spagnola dedicato a Gabriel Ferrater
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