mercoledì 11 agosto 2010

Massimo Rizzante: dopo l'esilio - 4. Bellezza e desolazione

Massimo Rizzante   

2008
Dopo l'esilio

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4. Primavera 2002
              Bellezza e desolazione
      

     Primavera del 2002. Otto ore di volo e sono a Binghamton, a duecentocinquanta chilometri da New York.  Una cittadina di provincia di cinquantamila abitanti costruita su una piana arida, un campus universitario, un Holiday Inn, due fiumi che la attraversano, un centro storico introvabile, quartieri popolati da graziose casette in falso legno con i giardini ordinati, i barbecues, le auto parcheggiate, tre centri commerciali immensi: tre cittadine di provincia all’interno di una cittadina di provincia che rappresentano le maggiori attrazioni per coloro che vengono da un altro continente. Da quello che mi dicono, questi sono gli Stati Uniti: migliaia di cittadine di provincia, tutte uguali, disseminate in un paesaggio molto variegato. È qui, a Binghamton, che ho scoperto concretamente l’assenza di frontiera tra bellezza e desolazione che il romanzo di Sylvie Richterová  mi aveva svelato.

     Improvvisamente, mi sono sentito affrancato dal peso della Storia, cacciato da una forza naturale dalla casa del passato, pieno di energia e libero di scorazzare per il Nuovo Mondo come un animale  privo di ogni preoccupazione rispetto al luogo dove abitare, appurata l’intercambiabilità di bellezza e desolazione.

     Quello che avevo vissuto a Parigi nel 1994 era la condizione del dopo-esilio, o meglio: la banalità e l’insignificanza, in un mondo di luoghi intercambiabili, di un esilio volontario. Ero d’accordo con Vera Linhartová: “La nostra aspirazione verso la pienezza, qualunque sia il modo in cui essa si realizzi, non comporterebbe in nessun caso dei ritorni indietro”. Per qualcuno che aspira alla pienezza, il problema del luogo dove abitare è trascurabile, il problema dell’esilio privo di senso. Ma la domanda di bellezza?

     Qui, in questa cittadina di provincia degli Stati Uniti, ho pensato allora ai miei allievi, giovani profeti muti di un “presente unico e definitivo”, incapaci di rivolgere le loro teste all’indietro, lontani, lontanissimi dall’Inferno di Dante, cacciati dalla casa del passato, esiliati per sempre in questa Land of Disgrace, in questo Mondo Nuovo dove nessuno potrà mostrare loro la frontiera tra desolazione e bellezza: Die Schönlosigkeit wird ein Weltschicksal. La mancanza di bellezza diventerà un destino universale.

     E nel silenzio di questa piana arida, ho guardato con tenerezza alle loro esistenze, e al mio continente.


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© Massimo Rizzante - tratto da  "Non siamo gli ultimi" 

 


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